Mostra Associazione Culturale in tempo dal titolo Io siamo

Mostra Associazione Culturale in tempo dal titolo Io siamo

L’Associazione culturale in tempo nell’esposizione dal titolo “Io siamo. Necessità di un’esperienza” ha rovesciato nella probabilità i termini del rapporto tra verità e coscienza. La mostra si è tenuta dal 23 novembre al 3 dicembre 2023 nella galleria Plus Arte Puls di Viale Mazzini 1 a Roma.

Non è l’inconscio collettivo il nuovo mostro che emerge dall’immensità dei dati dei sistemi informativi sul Web, oppure l’aggressività trionfante di un io egemone dalla coralità della preghiera, ma una leggerissima e al tempo stesso profonda speranza del tu dialogico che possa diventare la pluralità del siamo, attraverso un’inedita identificazione dell’uno nell’altro. Qualcosa che ci ricorda la familiarità del processo d’integrazione, avviato alla fine del secolo scorso con i social media (‘Io speriamo che me la cavo’) e insieme l’enfasi lieve che al sorgere dell’arte barocca faceva esclamare a Giovan Battista Marino, a proposito dei meriti artistici di Caravaggio: “animar l’ombre, anzi di me far noi”, cioé, volendo ridurre, il ritorno della coscienza individuale nel ductus del fare artistico, o, per meglio dire, la rivalsa sul dilagare tecnologico dell’intelligenza della mano.

Il piccolo catalogo dell’esposizione, a cura di Ida Murano e Rita Pedonesi, è materialmente la fonte e un filo di comunicazione dello slancio verso l’universale da parte di creatori compiuti, il nutrito gruppo di artisti nel senso pieno della parola che anche quest’anno ha prodotto, se non il significato, il senso dell’essere che attraversiamo. Qualcosa di meglio e di più o meno infinito del pluralismo proposto dietro un modello di sviluppo partecipato, che ognuno sa non esserci anche se piacevolmente visto milioni di volte nei media. Ed è in questo ritrovarsi sul pianeta terra che la dimensione metafisica del sentire diviene intima unità naturale, senza parlare sempre solo di fisica e di scienza, ma nient’altro che di arte, per nulla in estinzione: dai loro nomi e sono venti, cioé Addamiano, Borrelli, Calabria, Catini, Ciotti, Cuocolo, Falasca, Frisardi, Gagliano, Indaimo, Laurent, Maestosi, Passalacqua, Pedonesi, Piali, Pizzorno, Pollini, Prizia, Safari e Santarelli spicca il sentimento della tecnica che concretizza la loro opera. “L’artista è la sua opera” sostiene dalle pagine dedicate Giovambattista Cuocolo con Il Mostro della seta, un acrilico su tela dipinto nel 2023, il grande quadro che sfida la funzionalità epocale della condivisione tecnologica. Non è più soltanto l’’essere se stessi’ dei manifesti artistici del secolo scorso, è la trasformazione col pennello dello spettro e dell’accesa e innumerabile policromia propria all’immagine che la tecnologia ha mostrato nei suoi video. E’ riscriverne i colori, mai visti prima se non accesi dagli schermi tecnologici, nelle mille sfumature della tenerezza ripercorse dalla cinesi del pennello nel volto umano (quello di un baco da seta non ancora crisalide). Protesa nel rosso vermiglione della bocca e della parola da rivoli e da evoluzioni che Paint shop non saprebbe illuminare, in questa naturalissima esperienza interiore la sagoma della soggettività, di una pastosità acquosa, cattura la forma dalla scabrosità dell’astrattismo assoluto.

 

 

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