Negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso almeno tre straordinarie scoperte archeologiche hanno distolto le pagine mondane della stampa dai set cinematografici e dai palcoscenici dei festivals, orientando le luci della ribalta sulle Scienze dell’Antico: la grandiosità dei gruppi scultorei della grotta della Villa di Tiberio a Sperlonga, la capitale del regno di Ebla nel Nord della Siria e la città minoica di Akrotiri nell’isola di Santorini erano entrate a far parte dell’audience leggendaria di ogni martedì radiofonico. Non diversamente dalle altre due aree archeologiche, anche negli scavi di Santorini ebbero un ruolo determinante le tecniche di prospezione e rilievo nello studio sistematico dei reperti, adottati con i criteri di catalogazione propri al deposito museale e questo perché gli eccezionali ritrovamenti architettonici, pittorici e fittili erano ovunque allo stato frammentario. Del 1969 l'avvistamento del relitto di Ponticello nello Stretto di Messina, che restituì i primi bronzi greci ritrovati nella seconda metà del secolo scorso e oggi nel Museo Archeologico dei bronzi di Riace.
Se ora è possibile ammirare le sculture integrate delle storie di Ulisse nel Museo Archeologico di Sperlonga, i sigilli dal Tell Mardikh a Ebla ed intere stanze delle case affrescate nell’Archeological Site di Akrotiri e nel Museo Nazionale Archeologico di Atene o di Heraklion è dovuto all’immane lavoro di recupero e restauro, ancora in corso, di pezzi minuti e di frammenti altrimenti destinati a polverizzarsi. Gli insediamenti e l’urbanizzazione dell’isola di Santorini nell’antichità sono riapparsi fin dal primo momento essere stati più estesi di quanto non lo siano le cittadine attuali, come se l’antica città di Thera fosse stata inabissata dall’eruzione del suo vulcano: se non lo fu del tutto, quasi certamente lo furono le insenature maggiori e più protette dei suoi approdi.
È altrettanto emerso, dalle stratificazioni sottostanti la città, che lo sviluppo urbano sull’isola di Santorini risaliva fin oltre l’Età del Bronzo, essendo arrivata a primeggiare sull’arcipelago cicladico con Paro e Nasso, quasi quanto Cnosso nell’isola di Creta. Dall’inizio del Novecento sono stati quattro i principali centri della civiltà minoica palaziale maggiormente interessati dalle attività di scavo invece nell’isola di Creta: oltre a Cnosso e Festo, i più noti sono stati Mallia e il porto di Zakros (Costis Davaras 2019), veri e propri borghi e centri di culto che avevano anche sepolcreti e necropoli oltre che insediamenti risalenti alla preistoria. Dall’approfondimento degli studi sulla provenienza dei pezzi dai rispettivi siti e sulla tipologia dei grandiosi edifici che li avevano contenuti attraverso i secoli sono derivate nuove informazioni, mediante controlli incrociati nei processi di automazione e valorizzazione museale. È attestato il dominio sui mari di questi centri agricoli dagli albori del Secondo Millennio a. C.: il Mar Egeo, il Mediterraneo Orientale e il Mare Libico del porto di Komos, che oggi è letteralmente colmato da una lingua di terra nell’insenatura dove sorge il villaggio di Matala. L’impulso dato all’Archeologia Minoica dalla scoperta di Santorini ha promosso un processo di sviluppo del Cultural Heritage anche nell’isola di Creta, che, nelle vicinanze del sito archeologico romano di Gortina, fino ad oggi è stato avanzato con la creazione in situ del nuovo Museo Archeologico di Messara’ (fig.1 e 2). Un gioiello di compenetrazione tra architettura, arte e paesaggio, luce naturale e illuminazione artificiale, sistematica classificazione dei reperti con il criterio espositivo di ricostruzione degli ambienti in cui sono stati ritrovati, per mezzo di estese story telling digitali su schermo. A portata di mano per il visitatore dopo il percorso museale dalla Sala Minoica e submicenea, alla terza ed ultima Sala Cristiana, attraverso la seconda dedicata a Gortina romana, anche la possibilità di recarsi sul sito di Gortina, dai cui edifici le molteplici sculture della rispettiva Sala museale sono state prelevate, e di visitarlo. A Gortina sorgono le rovine dell’Odeion di Caligola, dove la divinizzazione dell’imperatore romano evocava il dio greco Zeus nel luogo, che gli era sacro, meta del consumato Ratto d'Europa ed avocava a se’ l’autorità tramandata dalle tavole della legge di Minosse, pervenute attraverso la trascrizione greca: la lingua che i poemi omerici avranno consegnato, un millennio dopo il suo regno, a tutti i continenti. Diamantis Panagiotopoulos, Ute Gunckel-Maschek e Clairy Palyvou tra gli altri, al Workshop che si è tenuto all’Universita’ di Heidelberg nel 2017, hanno riportato all’attenzione del pubblico la frammentarietà della pittura Egea perché tuttora possa esserne ricostruita una storia sociale identitaria e uno stile di vita proprio ad almeno una classe sociale in rapporto a determinati motivi pittorici. Nel nuovo contesto museale, in cui la pittura minoica ha avuto quasi nessuna rilevanza rispetto alle altre arti figurative, hanno quindi sollevato il dibattito storico che ha riconnesso l’espansione dell’arte e della cultura minoica all’intera estensione territoriale insulare e al commercio marittimo lungo le coste del Mediterraneo, sviluppato soprattutto in virtù della capacità nautica dei suoi abitanti. Per i quali, sebbene rustici e dediti alla pesca, l’osservazione astronomica e l’uso di strumenti per la navigazione lungo rotte marittime più sicure facessero parte di un bagaglio di conoscenze il più ampiamente generalizzato.
Fig. 2 - Museo Archeologico di Messara’, Creta (Sala Minoica)
Una civiltà nautica, quindi, la cui potenza marittima e la posizione consolidata nell’era preistorica nell’Egeo ne avrebbero determinato l’indipendenza, specialmente delle isole più grandi, tra le altre popolazioni costiere per un periodo più che millenario, come ha sottolineato Diamantis Panagiotopoulos dell’Universita’ di Heidelberg, che ha curato l’esposizione: “The Islands of the Winds”, tenutasi nel 2020 nel Museo appena realizzato, museo che è stato inaugurato e definitivamente aperto al pubblico nell’aprile del 2023 (fig.1 e 2). L’abilità ingegneristica nella costruzione di navi onerarie sia a vela che a remi, delle quali nell’occasione espositiva sono stati realizzati modelli 3D (fig.3), è dimostrata anche dalla grandezza delle cisterne e dei silos di immagazzinamento di acqua e di derrate alimentari dislocate sulle isole, anche le più piccole e destinate al rifornimento e all’assistenza cantieristica dei naviganti da un capo all’altro del Mediterraneo, dediti non solo al commercio.
Fig. 3 - Modello 3D di un’imbarcazione da carico cicladico-cretese (XVIII-XVII secolo a. C.)
I dipinti con due figure di Pescatori della Room 5 (fig.6) nella Casa Occidentale di Akrotiri a Thera (Santorini) appartengono all’ambito della pittura parietale palaziale riscoperta da Spyridon Marinatos, a partire dagli scavi sull’isola del 1967. I due affreschi che raffigurano altrettanti Kouroi a grandezza naturale sono definiti anche megalografici, come contrapposti ai fregi con soli motivi decorativi e all’altro genere di pittura riapparsa localmente e cosiddetta micrografica, la cui iconografia consiste di vedute di paesaggio in miniatura. Una delle ipotesi iconologiche avanzate sull’assetto delle due pareti, disposte tra loro angolarmente, è che i giovani dei due dipinti, ciascuno con la propria offerta di pesca (fig. 4), che sono sembrati includere l’osservatore nel dialogo tra loro, si specchiassero l’uno nell’altro (fig.5); o perlomeno che fosse stato il simulacro di un dio ad essersi trovato al centro della camera, al quale il dono fosse stato destinato. Tornando indietro nel tempo al 1974, proviamo ad immedesimarci, con un’intervista immaginaria al protagonista della scoperta della città di Thera, Spyridon Marinatos, nel pubblico che ne recepì la risonanza eccezionale a livello mondiale negli anni immediatamente precedenti la morte dell’archeologo, avvenuta accidentalmente sugli scavi per il crollo di un muro di contenimento appunto nel 1974. L’impulso dato dalla scoperta alla ricerca archeologica ha contribuito a far primeggiare l’Arte Minoica tra l’Egiziana, la Mesopotamica e la Greca. Solo a Creta nell’arco di più di un secolo per l’Arte Minoica sono state previste l’istituzione e la curatela di Musei localizzati nei centri di Heraklion, di Chania, di Agios Nikolaos, recentemente riaperto al pubblico, di Rethymno ed il nuovissimo di Messara’ (fig.1 e 2), nella fertile valle che si estende alle falde del Monte Ida fra le coste di tre mari, meta del turismo archeologico nel contesto soprannaturale del mito dedalico ed uno dei luoghi dei primi leggendari ritrovamenti di iscrizioni in Lineare A e B e nella scrittura polisemica come quella del disco di Festo, probabilmente un coperchio di un vaso di ceramica.
D. I due esempi di pittura parietale cicladica possono considerarsi emblematici di una categoria così come definita dello Spazio-tempo (o in seguito della Quarta dimensione o del Terzo spazio o 3D), e che Erwin Panofsky aveva definito prospettica, simboliche perciò di una funzionalità religiosa dell’edificio rappresentativo di una o più divinità, in cui si identificassero i suoi committenti?
Fig. 4 - Pescatori, affresco della Room 5 della Casa Occidentale (Akrotiri, Santorini) - Ipotesi ricostruttiva 1
Fig. 5 - Pescatori, affresco della Room 5 della Casa Occidentale (Akrotiri, Santorini) - Ipotesi ricostruttiva 2
R. I due affreschi dei Pescatori della Room 5 della Casa Occidentale di Akrotiri (Santorini) ai diversi livelli di sviluppo del centro urbano, dai primi insediamenti neolitici, testimoniano piuttosto allo strato più superficiale la presenza di abitazioni private anche a due piani. La tipologia a caseggiato si dipana su un assetto di rete viaria in cui si aprono botteghe come a Pompei, rivelando una società urbana piuttosto che contadina.
Fig. 6 - Pescatore, affresco della Room 5 della Casa occidentale (Akrotiri, Santorini)
D. Sarebbe possibile interpretare i due personaggi dipinti, isolatamente considerati nell’ambiente, entrare con incedere atletico da due porte aperte all’interno del parallelepipedo della camera (fig.5) e il prodotto della pesca che offrono un attributo divino emblematico di una funzione religiosa da svolgersi al suo interno?
R. Lo stile pittorico della teoria ieratica di profilo che caratterizza la pittura egizia, in particolare nella Tomba cosiddetta di Nebamun della XVIII dinastia da Luxor (fig.7), è assunto anche nell’affresco di Santorini. L’inclusione di una dinamica con l’osservatore al centro dell’ambiente immaginato dal dipinto ha una valenza semiologica differente da quella piramidale che assumerà il frontone scultoreo del tempio greco. In quest’ultimo tutte le sculture a rilievo possono apparire orientate alla divinità al centro, concettualizzando al contrario uno schema visivo a lisca di pesce, così come categorizzato da Erwin Panofsky per l’arte medievale. Non ha riscontri, invece, nella pittura egiziana, dove la lisca di pesce è un simbolo grafico, non uno schema compositivo.
Fig. 7 - Cacciatori, affresco dalla Tomba di Nebamun a Luxor, XIV secolo (British Museum, Londra)
D. È altrettanto teorizzabile su queste basi un criterio evoluzionistico di uno stile internazionale a proposito dell’arte cicladica, la cui sintassi pittorica consista nella parallassi di uno spazio reale delimitato dalla cura del dettaglio ornamentale, che è propria ai motivi decorativi della pittura vascolare?
R. I primi archeologi che scavarono Akrotiri nel XIX secolo esclusero fin dal primo momento potesse trattarsi di una necropoli. Una necropoli è stata poi localizzata nell’ampliamento dell’area di scavo: appartenente al millennio successivo. Il diaframma della parete tra l’interno e l’esterno nella naturalezza del paesaggio della Room 5 nella Casa Occidentale viene focalizzato nella figura umana (fig.5). Certamente è simulato dall’artista con una proiezione parallattica dall’esterno: e’ proprio di questo accorgimento che si è avvalsa la tradizione iconografica a fasce della ceramica Egea, senza che sia stata ritrovata la memoria del nome dei pittori tra i frammenti, e nemmeno dei ceramisti. La nudità integrale delle figure maschili è quella che sarà dei Kouroi statuari classici e dell’epica vascolare degli eroi attici, che la statuaria romana riserverà prevalentemente agli dei. Un lucernario nel soffitto dell’ambiente lo illuminava dall’alto, stabilendo una differenza di percezione visiva con la pittura tombale eseguita alla luce artificiale. La prospettiva si avvarrà discretamente dei rapporti di grandezza inversamente proporzionali alla distanza dell’osservatore sul piano dell’orizzonte e della proiezione dell’ombra dalle finestre, che nelle pareti della pittura minoica, strutturalmente scompartite dall’opera lignea di carpenteria e dall’abile simulazione della policromia lignea e del marmo, per ora s’indovinano.
D. Nel nuovo secolo e con la grandiosità che il sito archeologico ha assunto con la mole di scavi dell’ultimo quinquennio e’ stato possibile accertare che si tratti senza dubbio di diversi livelli edificati di una città?
R. Lo scarto semantico testimonia la piena identificazione degli artisti con i committenti secondo un principio scenografico di conurbazione. Non è azzardato concluderne che ne fossero protagonisti da millenni e che la loro cultura fosse stata se non egemonica, autoctona. Essa presumeva la cottura della terra cruda e dei metalli per la lavorazione della pietra, una carpenteria che da tempo aveva superato la dimensione del megaron di materiali rocciosi ciclopici e avanzato tecniche di finitura che applicavano la rasatura delle pareti con calcine di paglia e argilla. Nonostante abbia una storia piuttosto recente l’Archeologia Minoica è già un sistema complesso dimostrativo di rituali in uso e di una prassi edificatoria su un’ampia scala sociale di vita pubblica. Più di quanto non fosse mai stata, anche nella preistoria, non più che al limite della suggestione idolatra delle monarchie che l’attorniavano, così com’è narrata dal mito di Teseo e Arianna.
D. Gli scarsi ritrovamenti di vasellame e monili di metallo nello strato più superficiale di Akrotiri sono stati dovuti alla enorme temperatura di fusione sviluppata dalla pioggia di lapilli dell’eruzione del vulcano?
R. Non è possibile escludere il ritrovamento futuro di oggetti di oreficeria e di metallo nobile negli scavi delle stratificazioni inferiori, dal momento che piatti d’oro e d’argento e armi di vario genere sono stati raffigurati negli affreschi. È necessario tenere conto dell’ecatombe del paesaggio provocata anche a valle dall’eruzione e che a Creta doveva essere consistita delle proporzioni solo di un terremoto.
D. Nel periodo arcaico del Secondo Millennio può dirsi fosse stata Cnosso ad influenzare Thera e poi Micene? La sua tecnica pittorica, più connessa alla potenza economica sviluppata dalla diffusione insulare, oltre che dell’agricoltura e dell’allevamento del bestiame, delle colture ittiche e dell’attività estrattiva, potrebbe essersi espansa in Oriente, in Egitto e perfino a Cartagine, presumendo non soltanto il viceversa?
R. La supremazia di Cnosso sull’arcipelago è stata presupposta da Arthur Evans fin dalle prime scoperte archeologiche a Creta. La dominazione di Micene sull’isola è stata ipotizzata da Friedrich Schliemann in un periodo di decadenza dell’arte minoica (XV-XIV sec.), quando Micene ne aveva da secoli assimilata la cultura e si era avviata a sua volta ad un processo di collasso. Più difficile per la moderna archeologia è invece stabilirne le relazioni fin dalla preistoria con il cabotaggio fenicio, meno documentato, specialmente nei siti a datazione più alta. Più di una località di estrazione mineraria è stata individuata sull’isola di Creta a testimoniarne l’industria metallurgica, oltre che tessile e fittile.
D. Le innumerevoli raffigurazioni negli affreschi di Akrotiri, di flora e fauna tropicale quali palmette, crochi e papiri, leoni, linci, scimmie e coccodrilli, anche in scene nilotiche che testimoniano la presenza di corsi d’acqua sull’isola, annoverati tra i più straordinari animali fantastici come le sfingi, ha sollecitato importanti studi zoologici. Tali studi erano al fine di determinarne la specie e quindi la più probabile località di provenienza a Santorini di maestranze di pittori che li raffigurarono nell’isola al centro dell’Egeo?
R. Si, in particolare i primati di colore blu sono stati collegati alla mia ricerca delle vestigia memorabili della leggendaria Atlantide delle fonti storiche ed epiche, benché più antica di migliaia di anni e situata dalle fonti greco-ellenistiche nell’Oceano, estensione d’acqua dai confini cosmologici. Una mitologia reimmaginata in modo sostanzialmente differente dall’africanista Leo Frobenius nei primi anni del Novecento e non sostenuta dall’antropologia culturale. I modelli figurativi delle scimmie blu sono stati presupposti nell’ambito cretese mutuati dall’Arte Egizia.
D. Gli affreschi, sotto il profilo dell’archeoprimatologia, potrebbero illustrare come nel Secondo Millennio avanti Cristo localmente quelle specie, comuni, con tipi differenti, anche alla fascia subtropicale asiatica, non fossero estinte nel favorevole clima isolano e lo fossero in seguito ai terremoti nell’area Egea concentrati intorno all’eruzione del vulcano di Santorini, databile nel Secondo Millennio a. C.?
R. La teoria che l’eruzione vulcanica della caldara di Santorini sia stata l’ultima ad aver sommerso un continente, forse la mitologica Atlantide, ipotizza che l’arcipelago nell’arco vulcanico dell’Egeo fosse stato nel Pleistocene molto più vicino all’idea di terraferma estesa. Ipotizza inoltre non solo fenomeni migratori di uccelli, ma che anche altre specie botaniche e di animali in transito dai continenti asiatico o africano potessero esservi sopravvissute endemicamente, fino al Neolitico e nell’età del bronzo in cui vennero realizzati gli affreschi. Non è affatto da escludere tuttavia che gli animali rappresentati fossero in cattività, frutto di un’intensa attività di scambio o che una pratica di modelli ceramici o incisi sull’argilla fosse stata introdotta dai pittori.
D. La pittura minoica fonda l’arte classica tanto da ristabilire una continuità diacronica nell’Egeo non soltanto fra classi di reperti ceramici e monili, ma anche dell’architettura palaziale, civile e muraria di fortificazione. Il tempio greco può inserirvisi cronologicamente come modificazione dorica della tipologia cretese abitativa con colonne e comparsa alla fine del Millennio anche in Italia per opera degli Etruschi?
R. La pittura di questa fronte di sarcofago dalla Villa di Hagia Triada a Creta (Museo Archeologico, Heraklion), non lontana dal Palazzo di Festo, e’ ritenuta testimoniare il periodo miceneo dell’arte Egea per la stilizzata teoria di offerenti che rappresenta. Pur nell’estrema abbondanza dei dettagli raffigurati di un corteo funebre, è poco più di una tranche de vie di un'arte funeraria di etichetta (XIV sec. a. C.) dopo la distruzione micenea dell’architettura palaziale a Creta, ad eccezione del Palazzo di Cnosso. La gamma cromatica dall’ocra, al porpora e al cosiddetto blu regale dei pigmenti rivela ancora fiorente l’artigianato di pietre e metalli, ad esempio del rame e della tintura estratta dall’argilla, dallo zafferano (il pistillo del croco sativo) e dal murice, che era localizzato anticamente anche sull’isola di Chrissi vicina a Creta.
D. Da centri di produzione minoici e fenici provenivano non solo la Lineare A e B e la scrittura polisemica impressa nei coperchi funerari o della ceramica di derrate, ma anche le tecniche di estrazione dei pigmenti, sia organici che minerali, compreso il blu egizio. Pure quest’ultimo era frutto non solo di estrazione mineraria, ma anche organica?
Fig.8 - Teoria femminile e maschile di offerenti della fronte di sarcofago da Hagia Triada, Creta (Museo di Heraklion, Creta)
R. La tavolozza della pittura funeraria submicenea a Creta in questo sarcofago da Hagia Triada (fig.8) appare nelle tre tinte fondamentali dell’ocra, del rosso e del blu usate indifferentemente per la figura umana, per gli animali e nei motivi geometrici, tra cui la rosetta e la spirale. Ad Akrotiri e a Cnosso i pigmenti della pittura parietale pre-postpalaziale appartengono alla medesima gamma, sia trattata a fresco che con ritocco a secco. Le analisi scientifiche degli ultimi decenni non hanno smentito la tecnica dell’affresco sull’intonacatura supposta fin dai primi ritrovamenti di questo secolo e le differenze tra scuole di una pittura data a pennello. Ma non sono che ipotesi finora non abbattute e la quantità di rilievi scientifici eseguiti non potrà certo dirsi ad ora un’indagine colorimetrica su una quantità di campioni tale da stabilire la maggiore o minore permanenza, oltre che la peculiarità, del pigmento inorganico rispetto alla porpora, per lo più organica e che si è comunque conservata.
D. La gamma limitata consente il livello di interpretazione iconologica panofskiano che attribuisca ancora una valenza simbolica dettata dalla rilevanza del pittore per classi di estensione del dipinto, distribuzione sulla parete, abbondanza, maggiore o minore preziosità della mestica e assortimento dei colori e dell’intonaco, anche bianco?
R. Più di ogni altra l’Archeologia Minoica è derivante dai criteri di classificazione dei reperti più minuti enormemente accresciuta dal secolo XX con gli scavi di Santorini, che dipende dalla percezione visiva e sottintende il metodo comparativo risultante dallo stato di conservazione relativo e dalle condizioni di fruizione. Sarebbe ancora più riduttivo, come nel secolo scorso, adottare un minimo comune multiplo d’interpretazione iconologica che prescinda totalmente dalla letteratura che, a qualsiasi lingua appartenente, di quell’arte ha parlato in ogni tempo della sua fama e grandezza, consentendoci di localizzarla e di fruirne a nostra volta: non storicizzarne, cioè, lo sforzo interpretativo dei secoli che dall’attualità di quella cultura ci separano e sul quale si fonda l’autonomia dell’arte come forma di conoscenza.