Archeomatica si è sempre proposta, per realizzare un ponte tra il mondo della ricerca e un pubblico allargato, di comunicare in modi comprensibili le risultanze dell’attività di ricerca che viene realizzata nei laboratori specialistici dedicati, oppure sui cantieri e nei siti dove opera la professionalità di coloro che si dedicano alla protezione e conservazione del patrimonio culturale. L’entusiasmo con cui siamo stati accolti, non solo dalla parte più giovane della nostra comunità, ha premiato i nostri sforzi consentendo alla rivista in quattro anni di accumulare contributi provenienti da un largo spettro di operatori del settore, anche di livello internazionale. Dobbiamo constatare però che le regole che sono state imposte ai nostri ricercatori, per il processo di avanzamento nella loro carriera, hanno reso complessa la nostra attività. Pur concordando sulla necessaria attività di controllo della qualità degli articoli, che si basa su revisioni incrociate tra ricercatori che si confrontano casualmente, esprimendo nella rilettura vicendevole dei testi un’esortazione stimolante all’approfondimento dei risultati, se da altri ritenuti non ovvi o comprovati, dobbiamo pur dire che questa attività esercitata prima della pubblicazione potrebbe escludere un contributo importante quando un articolo non possa essere edito con le caratteristiche di una pubblicazione aperta come la nostra.
Per sopperire a questo Archeomatica si divide in due parti, una in cui si possa pubblicare secondo i dettami classici del “blinded peer reviewing”, nelle sezioni Documentazione, Rivelazioni e Restauro, oppure nella modalità classica affidata al semplice coordinamento redazionale per tutte le altre rubriche e sezioni. Il sistema di revisione instauratosi in tal modo rappresenta una parte interessante di un dibattito certificato, la cui documentazione è agli atti del nostro sistema Open Journal System che tiene conto della necessaria riservatezza dei reviewer la cui identità non è rivelata agli autori. A questo sistema fa da contraltare il dibattito classico che cerchiamo di ospitare nelle rubriche dedicate.
Abbiamo avuto modo di verificare la bontà del sistema e per questo invitiamo coloro che vogliano partecipare alle revisioni, a registrarsi nella apposita sezione del sito mediageo.it/ojs. In funzione dei loro settori di specializzazione saranno chiamati alla lettura dei contributi che riceveremo prima dell’accettazione per la stampa. Per coloro che invece vorranno continuare ad inviarci nel modo tradizionale commenti, note, segnalazioni, relative sia agli articoli che agli eventi in corso, abbiamo lo spazio dedicato alla discussione nella rubrica FORUM e, infine nel caso l’urgenza della questione sia imperativa, potrà essere utilizzato lo spazio web con tutti i suoi social network, attualmente molto attivi.
Un commento deve ulteriormente essere esteso per rispondere a coloro che ci hanno chiesto di conoscere quale sia l’Impact Factor della rivista, un fattore calcolato da alcune istituzioni che, a pagamento, inseriscono nei loro database le riviste scientifiche, rendendo in pratica la valutazione degli autori dipendente dall’investimento economico dell’editore e dell’autore.
L’Impact Factor in questione non è sempre uno strumento affidabile, date le sue premesse. Nel novembre 2007 l’Associazione europea degli editori scientifici (EASE ) ha emesso un comunicato ufficiale per raccomandare che i fattori di impatto delle riviste siano utilizzati solo, e con cautela, per misurare e comparare l’influenza di tutte la riviste, ma non per la valutazione di singoli documenti, e non certo per la valutazione dei ricercatori o dei programmi di ricerca.
Nel luglio 2008, l’International Council for Science - Committee on Freedom and Responsibility in the Conduct of Science ha emesso una dichiarazione sulle pratiche di pubblicazione e sul ruolo della peer review nella valutazione della ricerca, suggerendo molte possibili soluzioni alternative, chiedendo peraltro di considerare un numero limite di pubblicazioni all’anno da prendere in considerazione per ogni scienziato, o addirittura penalizzare gli scienziati per un numero eccessivo di pubblicazioni all’anno.
Nel febbraio 2010, la Deutsche Forschungsgemeinschaft (Fondazione per la Ricerca Tedesca) ha pubblicato le nuove linee guida per valutare solo gli articoli e nessuna informazione bibliometrica sui candidati. In risposta alle crescenti preoccupazioni per l’uso improprio degli Impact Factor nella valutazione dei risultati scientifici e gli stessi, l’American Society for Cell Biology insieme ad un gruppo di redattori e di editori di riviste accademiche hanno creato la San Francisco Declaration on Research Assessment (DORA). Uscita nel maggio del 2013 la DORA ha raccolto il sostegno di migliaia di persone e centinaia di enti che hanno approvato il documento sul sito web.
La dichiarazione si propone di fermare la pratica di correlare l’impact factor al merito del contributo specifico dello scienziato. Sempre secondo questa dichiarazione, questa pratica crea distorsioni e imprecisioni in sede di valutazione della ricerca scientifica. Essa afferma inoltre che il fattore di impatto non deve essere usato come sostitutivo nella “misura della qualità degli articoli di ricerca individuali o in assunzione, promozione, o decisioni di finanziamento”. Archeomatica non avendo avuto la possibilità e la volontà di essere inserita in alcuni database “a pagamento”, ha sempre operato nell’ottica di quest’ultima Declaration ora finalmente emergente.
Editoriale pubblicato sul numero 3 2013 di Archeomatica.