L'impiego delle radiografie nell'ambito archeologico è di grande supporto nella conservazione dei beni culturali e delle opere d'arte. Questa tecnica sempre meno invasiva fornisce dettagli preziosi sulla tecnica d'esecuzione, lo stato di conservazione e i dettagli utili al restauro di manufatti antichi. L’utilizzo della radiografia a supporto delle istituzioni museali risale ai primi anni del Novecento presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna, il Louvre di Parigi e l’Alte Pinakothek di Monaco, precursori nell’utilizzo di questa tecnologia al di fuori del suo campo originario di applicazione. In Italia è, invece, necessario aspettare gli anni ‘30 del Novecento per assistere all’ingresso di questa tecnologia tra le indagini pittoriche.
Ed è proprio grazie all’utilizzo delle tecniche radiografiche che è stato possibile rivelare la presenza di eventuali disegni sottostanti, correzioni o differenti versioni (cosiddette pentimenti in corso d'opera) fatte dall'artista durante il processo creativo. Queste informazioni aggiuntive possono offrire, infatti, una migliore comprensione del processo artistico e delle decisioni prese dall'artista durante la realizzazione dell'opera. Possono, inoltre, rivelare eventuali alterazioni o restauri non documentati sull'opera, informazioni che sono particolarmente importanti per valutare l'autenticità di un'opera d'arte e per prendere decisioni informate sul suo restauro e conservazione.
Al giorno d’oggi la radiografia è impiegata in numerosi settori dell’arte, soprattutto per procedere poi con le attività di restauro, ma l’ambito archeologico è uno di quelli in cui il tipo d'indagine è risultato essere più appropriato ed interessante. In questo campo, infatti, per la natura stessa del rinvenimento su notevoli estensioni delle aree di scavo e lo stato sotterraneo di conservazione dei manufatti, si rende necessario il prelievo delle porzioni di suolo in cui giacciono gli oggetti. L’alto potere penetrante dei raggi X fa sì che questi possano facilmente e selettivamente attraversare la materia, a seconda dei materiali e della struttura fisica del terreno e dell’opera indagata. Questo consente di ottenere un’immagine per trasparenza dell’oggetto e in particolare di ciò che si trova al suo interno.
Il controllo radiografico (RT) permette di analizzare un campione senza che ne sia distrutto (per questo è definito metodo non distruttivo) mediante l’utilizzo di una sorgente a raggi X o raggi Y e grazie al potere che queste radiazioni elettromagnetiche hanno di impressionare una pellicola o un detector digitale. La Radiografia Industriale è uno dei metodi per i controlli non distruttivi più utilizzati per l’interpretazione dell’integrità volumetrica e strutturale di componenti di oggetti e macchine industrialmente prodotti. L’esame radiografico viene utilizzato per la verifica di discontinuità presenti in manufatti industriali, getti o saldature. Questa tecnologia, applicata all’archeologia possiede numerosi vantaggi. I controlli non distruttivi (CND o NDT nell’accezione inglese Non Destructive Test), infatti, impiegando metodi che non alterano il materiale, non implicano la distruzione o l'asportazione di campioni dalla struttura in esame e nel settore archeologico inoltre l’utilizzo della radiografia in situ è mirato al rilievo e alla prospezione archeologica senza farlo precedere da alcun'altra analisi preventiva come il carotaggio o il prelievo.
“L’utilizzo della tecnica radiografica per ottenere informazioni da oggetti inanimati, di centinaia o migliaia di anni, è davvero molto affascinante”, dichiara Alessandro Auditore, Business Line Manager In House RT di Bytest. “Grazie al differente assorbimento dei raggi X dei vari materiali attraversati, è possibile distinguere, in scala di grigi, le forme degli oggetti inglobati nella matrice terrosa e individuare decorazioni eventualmente presenti sulla superficie dei manufatti, ottenendo così tutte le informazioni per realizzare il micro-scavo, tenendo conto di ciò che dovrà essere preservato e documentando, allo stesso tempo, il posizionamento dell’opera rispetto all’area prelevata”.
Un recente studio, condotto da Bytest utilizzando la tecnologia Computed Radiography con plate ai fosfori, ha dimostrato l'efficacia della tecnologia radiografica nel rilevare puntali di lance e parti di cintura risalenti ai Longobardi all'interno di zolle prelevate da uno scavo archeologico nel nord Italia. L'utilizzo delle radiografie consente agli archeologi e ai conservatori di analizzare le strutture interne degli oggetti. Esse, infatti, possono rivelare informazioni sulla composizione dei materiali, la tecnica di costruzione, le riparazioni o alterazioni precedenti e per valutare, inoltre, l'autenticità di oggetti d'arte e antichità, rivelandone eventuali manipolazioni, restauri non documentati o addirittura falsificazioni.
“Le radiografie in campo archeologico – spiega Giuseppe Elegir, restauratore di Docilia, azienda specializzata nella conservazione e nel restauro di opere d'arte e beni culturali – si usano per molteplici scopi. Ad esempio, aiutano a definire l’entità del restauro perché indicano al restauratore, che tiene la radiografia accanto al manufatto come modello, la traccia da seguire durante l’operazione con microtrapani sotto microscopio. Nel caso di urne cinerarie, grazie ad una radiografia zenitale e ortogonale, è possibile individuare la presenza o meno di corredi funebri e vederne la posizione, offrendo così dettagli preziosi al restauratore su dove intervenire. Nel caso di elementi in ferro concrezionati tra loro la radiografia aiuta a definire più precisamente le forme dei singoli oggetti.”
Bytest fornisce un servizio di Radiografia e Gammagrafia completa, eseguendo i controlli sia nella sede di Volpiano con l’utilizzo attuale di quattro sale radiografiche, sia nella sede di Benevento con due sale radiografiche.