Sposalizio della Vergine, Perugino © Haltadefinizione Image Bank | Su concessione di Musée des Beaux-Arts
Haltadefinizione fornisce immagini digitali ad alta risoluzione dinamicamente visualizzabili alla massima definizione, nitide anche a forte ingrandimento e fino a simulare l’effetto di tridimensionalità dell’ambiente circostante. Le immagini brillano di forza di persuasione a tal punto - a denunciarlo non si può non nascondere un certo imbarazzo - che l’Intelligenza Artificiale di Instagram ne ha censurata una, chiedendo di sostituirla con un’altra meno sensuale dalla pagina di Archeomatica dedicata a Luca Signorelli in Haltadefinizione: era il particolare del nudo di un’anima dannata bramata da Satana, che ai contemporanei del pittore entrati nella Cappella di San Brizio del Duomo di Orvieto doveva apparire di un iperrealismo estremamente convincente oltre che bella…
Con non minore efficacia la banca dati di Haltadefinizione (Image Bank), ha archiviato le opere di Pietro di Cristoforo Vannucci, il Perugino, che nel corso delle celebrazioni per il cinquecentenario dalla morte dell’artista sono state oggetto di riproposizione al pubblico nella mostra che si è tenuta alle Gallerie Nazionali dell’Umbria e che si è chiusa lo scorso giugno, dal titolo “Il meglio maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo”, con catalogo a cura di Marco Pierini e Veruska Picchiarelli. Un’altra esposizione ancora gli è dedicata a Città della Pieve, “Perugino 500. Città della Pieve” aperta fino al 30 settembre di quest’anno e un itinerario di visita alle sue opere nei paesaggi umbri che si snoda in sei comuni. Le carrellate di una decina di dipinti, che sono stati inseriti nella prima iniziativa, sono visualizzabili on line e osservabili nei dettagli più minuti senza perdere di nitidezza e mantenendo la percezione dei rapporti di grandezza, proporzione e distanza. Dalla ripresa digitale, che le espone on line da qualsiasi condizione di collocazione permanente al pubblico o di deposito, sotto la parola chiave autoriale di Pietro Perugino, sono le opere ad apparire alla massima evidenza, a fuoco proprio come se fossimo davanti a loro con una strumentazione ottica di precisione. Dalle immagini, rese dinamiche fino al massimo ingrandimento, emerge un pittore dallo stile allo stesso tempo grandioso e minuzioso, tra i primi ad avvalersi della prospettiva pierfrancescana, come sostenuto da Federico Zeri sul Bollettino d'arte nel 1953, nell'articolo Il Maestro dell'Annunciazione Gardner. Alcune opere riconosciutegli da Zeri prima attribuite a Fiorenzo di Lorenzo sono state esposte in mostra.
Fig. 1 - Pietro Perugino, Adorazione dei Magi (Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia; Image Bank Haltadefinizione)
Una prospettiva che nell’Adorazione dei Magi di Perugia (fig.1) raggiunge i vertici del maestro di Borgo Sansepolcro nel più intenso cromatismo di Domenico Veneziano. L’uno e l’altro appresi dapprima attraverso la tenuità e gli scorci di mura cittadine di Benedetto Bonfigli, che Leone Pascoli per primo aveva avanzato nel ruolo di suo primo maestro a Perugia e per mezzo del quale dovette conoscere le loro opere, primi pittori ad influenzarlo flagrantemente.
Fig. 2 - Pietro Perugino, Adorazione dei Magi, tavola, particolare dell’autoritratto (Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia; Image Bank Haltadefinizione)
In questa tavola i personaggi indossano farsetti di velluto abbottonati sul colletto e nel primo a sinistra, con il berretto rosso (fig. 2), è riconoscibile un autoritratto di tre quarti, sulla base del confronto con l’autoritratto frontale del Collegio del Cambio nella Sala dell’Udienza. Gli affreschi del Cambio, che argomentano la Divina Sapienza, sono la soglia cronologica del trionfo perugino del pittore, una volta che sia stata accantonata per loro l’idea di una totale collaborazione di aiuti, tra cui Raffaello: una collaborazione, intesa ora solo parziale, che è stata postulata da Giovan Battista Cavalcaselle, il quale, seguendo Vasari e leggendo la data iscritta nella campata destra degli affreschi (MD), li datava al 1500. Di recente, la scoperta del contratto stilato nel 1496 (Sartore 2013) ha consentito di redigerne la cronologia agli anni 1498-1500, con l'ipotesi di un intervento di Pinturicchio oltre che di Raffaello.
Fig. 3 - Pietro Perugino, La Consegna delle chiavi, affresco (Cappella Sistina; Foto Anderson, gelatina ai sali d'argento, Archivio Alinari, Firenze)
Un terzo autoritratto compariva nella Consegna delle chiavi della Cappella Sistina (fig. 3): e’ l’uomo con l'abito scuro alle spalle degli Apostoli del gruppo di destra dietro S. Pietro (A. Venturi 1950, fig.3). Non mancarono certo a Perugino, più che allo stesso Raffaello, le abilità di ritrattista, fondate anche sul riconoscimento, sempre nella medesima tavola dell’Adorazione dei Magi (figg. 1 e 2), del ritratto di Andrea Verrocchio, presso la cui bottega il giovane pittore aveva appena completato il suo alunnato fiorentino, verso il 1475, nel quinto volto col berretto grigio della fila di adoranti il Bambino. Data dalla quale si dipana la serrata cronologia dell'intensa attività in proprio dell'artista nell'Italia centrale con commissioni a Roma e Venezia e da Mantova (Gnoli 1923). La grandiosa tavola dell’Adorazione dei Magi è proveniente alla galleria umbra dalla chiesa di S. Maria Nuova e, nella prima metà del Cinquecento, da quella demolita di S. Maria dei Servi di Perugia e forse, in precedenza, dal Convento dei Gesuiti con la chiesa intitolata a San Giusto alle Mura di Firenze, dove fino al 1529 avrebbe potuto vederla Giorgio Vasari, con altre sue tre tavole cui lo storico accenna e che saranno state transitate invece agli Uffizi. Secondo Vasari nella Vita di Pietro Perugino, infatti, era nel chiostro del convento il ‘dipinto a muro’ di una Natività con i Magi, in cui Perugino avrebbe nondimeno ritratto Andrea Verrocchio, tra le pitture di San Giusto perdute nell’assedio di Firenze del 1529. Una formazione, quella presso la bottega di Andrea Verrocchio, ricordata non solo da Vasari, ma anche da Filippo Baldinucci, Leone Pascoli e Pellegrino Orlandi. In quella bottega, avrebbe dipinto sia con Luca Signorelli, suo collaboratore, sia a fianco di Leonardo da Vinci e di Lorenzo di Credi, i tre volti nell’Adorazione dei Magi di Perugia ai lati del maestro Verrocchio, al seguito dei re Magi, nei cui panni sarebbero rappresentati, invece, membri della famiglia perugina dei Baglioni, quali donatori della pala. La seguirà a distanza di un ventennio la Pala dei Decemviri dei Musei Vaticani, che a finissime lettere capitali Perugino firmò con il patronimico: "...HOC PETRUS DE CHASTRO PLEBIS PINXIT", alla quale è stata riunita a completamento la cimasa con il Cristo in pietà della Galleria Nazionale dell'Umbria, anche quest'ultima ora in Haltadefinizione. Datata 1500 e sul bordo inferiore firmata a lettere capitali 'PERUSINUS', ottenuta nel 1485 la cittadinanza, nello stile calligrafico squadrato, raffinato ed elegante di tutte le iscrizioni dei dipinti di Perugino è anche l’Assunzione della Madonna e Santi alla Galleria dell’Accademia di Firenze, l’Assunzione della Vergine proveniente dall’Abbazia di Vallombrosa.
Fig. 4a - Pietro Perugino, Ritratto di Biagio Milanesi, scomparto di predella della Pala dell’Assunzione della Madonna dell’Abbazia di Vallombrosa (Galleria dell’Accademia di Firenze);
fig. 4b - idem, Ritratto di Baldassarre di Angelo, ibidem (Galleria dell’Accademia di Firenze)
Tasselli angolari della sua predella erano i capolavori dei due ritratti di profilo dei monaci Biagio Milanesi, abate di Vallombrosa e Baldassarre di Angelo (figg. 4a e b), che recano ancora sul bordo degli scomparti una raffinata, sottile, iscrizione delle rispettive identità, e oggi all’Accademia di Firenze, veri e propri modelli di verosimiglianza, dipinti con una spiccata predilezione per i particolari. Mentre su un altare della Chiesa dell’Annunziata (S. Maria dei Servi, Cappella Baratta) della stessa città è ancora conservata l’Assunzione della Vergine che era sul retro della Deposizione di Cristo, cominciata da Filippino Lippi e, dopo la sua morte, ultimata da Perugino nel 1507: pure quest’ultima, oggi alle Gallerie dell’Accademia di Firenze, era una grandiosa macchina, sempre a dire di Vasari una volta interamente allestita nella chiesa dei padri serviti, che erano stati fra i suoi maggiori committenti. Ne fecero parte i due scomparti con S. Giovanni Battista e S. Lucia al Metropolitan Museum of Art di New York. Straordinariamente apprezzabile in altissima risoluzione, anche se non sempre evidentemente integra, è la pellicola di colore sulle tavole, che, variegata dalla conoscenza di opere di pittori fiamminghi giunte a Firenze, risalta per le ombre colorate, finite ad olio sulla tempera con tratto sottilissimo. Perugino trasportò finalmente anche nella scala grandiosa della distesa di colore a tempera e della pala d'altare, fino a coprire un’intera parete, la tecnica della miniatura ad olio.
Fig. 5 - Pietro Perugino, Adorazione dei Magi, affresco, 1504 (Oratorio dei Bianchi, Città della Pieve)
Del cromatismo meno acceso di Bonfigli sarà ancora citazione il grandioso affresco dell’Adorazione dei Magi dell’Oratorio di Santa Maria dei Bianchi (S. Maria della Mercede) a Città della Pieve, datato 1504 (fig. 5), interessato dal circuito della mostra attuale: altra dissolvenza del blu oltremarino all’orizzonte. Da non interpretare nel senso di una ripresa dello sfumato leonardesco, quanto piuttosto come peculiare a Perugino, parallelamente alla resa degli arbusti, classificatoria da trattato di botanica, non meno di come lo fosse per Leonardo. In questo dipinto Perugino, aprendo in Umbria l’ultimo periodo della sua produzione, cospargeva l’ampia distesa di colore di teorie di personaggi e cavalieri, come il suo primo maestro Bonfigli, ma sempre più distanziati sull'andamento del terreno, racchiudendo l’orizzonte di paesaggio in cui si scorge il Lago Trasimeno nel tromp l’oeil di una cornice a racemi, rosette, girali d’acanto e candelabre in una citazione plastica dall’architettura romana, che finalmente fa svanire la struttura a fasce dell'arco trionfale delle sue più imponenti macchine d'altare. L’immensità del paesaggio si estende su un unico piano, a differenza del Martirio di San Sebastiano dei Pollaiolo (National Gallery, Londra), dipinto per la SS. Annunziata di Firenze, in cui invece appare sdoppiato e sfalsato su due o più livelli. Adolfo Venturi, nell’articolo L’arte giovanile del Perugino (L’arte, 1911, 14, p. 53) aveva sostenuto, in contraddizione con Vasari, la formazione di Perugino nella bottega di Antonio Pollaiolo, invece che in quella del suo antagonista Verrocchio, per la brillantezza dei colori nei particolari miniati a olio e per le grandi estensioni di paesaggio sul geometrale del suolo o del pavimento, che tanto Leonardo quanto Perugino intersecheranno con quinte di architetture, pareti rocciose o finestre e, infine, dolci colline.
Fig. 6 - Pietro Perugino, Gonfalone di Giustizia (Galleria Nazionale dell'Umbria, Pergia) (Image Bank Haltadefinizione)
Nel Gonfalone di Giustizia della Galleria Nazionale dell’Umbria (fig.6), commissionato dalla Confraternita dei Disciplinati di S. Maria Novella a Perugia a partire dal 1496, sempre al confronto dell’altissima risoluzione di Haltadefinizione, si scorge nondimeno la prospettiva turrita di Perugia da fuori le mura che, analogamente, nel lucido nitore di una lente, per quanto abrasa, è tutt’altro che soavemente fantastica. La cornice dell’affresco con l’Adorazione dei Magi di Città della Pieve è molto simile all’inquadratura delle prospettive delle otto tavolette delle Storie dei miracoli di San Bernardino, sempre alla Galleria Nazionale dell’Umbria e provenienti dall’Oratorio di San Bernardino della chiesa di S. Francesco al Prato a Perugia, che le datano all’attività in proprio della bottega della piena maturità dell’artista a partire dal 1473, data che compare nella scenetta di San Bernardino che risana una fanciulla, con discontinuità stilistica tra loro e largo intervento di altri maestri, tra i quali Pinturicchio.
Fig. 7 - Pietro Perugino, Annunciazione Ranieri (Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia; Image Bank Haltadefinizione)
Ad esse è anche accostabile l’Annunciazione Ranieri (fig.7), proveniente dalla collezione privata nel palazzo romano del conte Emanuele Ranieri (Ranieri del Castello di Sorbello già Del Monte) ed in deposito alla medesima Galleria, che ripete la partitura di una pavimentazione ricorrente nelle tavolette. Come anche la Pala opistografa del Convento di Monteripido a Perugia, con l’Incoronazione della Vergine da un lato, in cui le vesti dei Santi hanno effetti di cangiantismo addirittura più precoci che in Michelangelo, mentre un Crocifisso ligneo a tutto tondo si staglia al centro della scena della Crocifissione dall’altro, a porne in risalto il massimo grado di evidenza volumetrica, plastica e scultorea; progressivamente nella simulazione cromatica dello stiacciato donatelliano gli oggetti vi sono sempre più appiattiti all'aumentare della distanza all'orizzonte. Opere tutte che dimostrano come, tornando a vivere a Città della Pieve, sua città natale, dove aveva avuto origini più che modeste, Perugino avesse mantenuto la capacità imprenditoriale di eseguire commissioni a Perugia, Firenze, Roma e Napoli ed altre ancora in proprio di livello internazionale, destinate al mercato francese, spagnolo e tedesco. Non meno delle attività espositive per la celebrazione del centenario, la raccolta delle opere di Perugino che l’Image Bank di Haltadefinizione offre al pubblico, sembra prima di tutto poter colmare perciò una lacuna storiografica, restituendo il massimo della visibilità alle sue opere umbre, proprio quelle tralasciate dalla biografia di Filippo Baldinucci (Notizie dei Professori del disegno, Volume V, Milano 1811, p. 491) e reintegrate da alcuni altri dipinti estrapolati dai loro contesti ed esportati dall’Italia. Baldinucci lo aveva voluto, infatti, per lo più attivo tra Firenze, Roma e Napoli, tralasciando l'Umbria nell’ultimo periodo della sua attività e rimarcando l’alterna fortuna delle sue opere, in parte distrutte: oltre quelle in San Giusto a Firenze ad affresco, perdute nell’assedio del 1529, ancora perduta, come tutti sanno, fu la parete del Giudizio della Cappella Sistina, abbattuta per far posto a Michelangelo.
Fig. 8 - Pietro Perugino, Sposalizio della Vergine (Museée des Beaux Arts, Caen; Image Bank Haltadefinizione)
Tanto nell’affresco della Consegna delle chiavi della Cappella Sistina (fig. 3), quanto nella prospettiva dello Sposalizio della Vergine di Caen del 1495 (fig. 8), che era stato eseguito per il Duomo di Perugia e fu portato in Francia dai napoleonici e non più restituito, Perugino si è servito di modelli architettonici dal vero. Un particolare monumentale in entrambi i dipinti, a dieci anni di distanza l'uno dall'altro, quello del Battistero Lateranense, dimostrava, come avevano fatto tanto Leon Battista Alberti quanto Piero della Francesca, una pratica della topografia, che sarà diventata metodo di rilievo vitruviano per il suo allievo migliore, Raffaello. Anche questa scena della Vita della Vergine nella gamma cromatica, di ineguagliabile brillantezza, restituita colorimetricamente dall’alta risoluzione digitale - trionfo del Rinascimento - narra l’episodio dell’Apocrifo di Giovanni ripreso dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, che suggestionerà tra gli altri proprio Raffaello. Statuari i personaggi di un festoso gruppo di famiglia, ciascuno mosso da uno stato d’animo di partecipazione e riunito sulle scale cittadine di un tempio romanico ripristinato: ancora una volta spettatore il profilo commosso di un ennesimo autoritratto di Perugino spunta, sempre più definito una volta ingrandito in gigapixel, sul margine sinistro della splendida tavola, che nell’illustrazione (fig. 8) appare durante la ripresa fotografica di Haltadefinizione al museo di Caen. Questo è il quadro che consentì a Vasari di cogliere il più profondo livello iconologico della sua pittura, e dell’arte in generale, resa narrativamente dalla memoria biografica del matrimonio fortunato di Perugino, che vi è rappresentato dalla dimensione psicologica di una serenità familiare ideale. Immedesimandosi - lo stesso artista interprete della visione sacra in primo piano è un diaframma verso il pubblico dei fedeli cui era rivolto il dipinto - nell’immagine classica del più fiorente dei suoi prodotti perugini: come sarà colto anche dal Tondo Doni di Michelangelo (Gallerie degli Uffizi, Firenze) era abbandonata ormai da Perugino, per la dimensione sacra dell'armonia di una comunità, quella domestica e cortese, non meno simbolica della professione di fede cristiana, che era stata di Jan Van Eyck nel Ritratto dei Coniugi Arnolfini.