L’ ultima frontiera informatica è l’ intelligenza artificiale, in effetti l’ evoluzione tecnologica mette ormai a disposizione di tutti le quantità di storage necessarie al machine learning e gli algoritmi open source di chatbot o veri e propri bot da attivare in vari ambienti. E’ quindi possibile ormai applicare la AI anche al campo dei BB.CC. e subito vengono in mente le analisi predittive, il riconoscimento delle immagini, l’attribuzione delle opere ecc..
Tuttavia a mio parere questo tipo di applicazioni sono abbastanza vulnerabili per la legge del garbage in - garbage out; nel campo dei BB.CC. infatti non c’è una abbondanza di dati tale da consentire l’ uso delle tecnologie di analisi di BigData (ed è risaputo che se il campione è insufficiente anche le migliori analisi falliscono) e anche l’ accuratezza e l’affidabilità dei dati è quanto meno variabile. Il limite che vedo è che un BOT è forzato, entro certi limiti, a fornire un risultato mentre l’ intelligenza umana ha ancora una migliore coscienza dei propri limiti ed evita di giungere a conclusioni in caso di dati insufficienti.
In fondo la ricerca nel campo dei BB.CC. è sostanzialmente investigazione, ma accettereste di affidare una investigazione di polizia ad una AI? Asimov lo ha immaginato e ha perfino inventato una coppia di sbirri di cui uno è un umano e l’altro una AI e nel suo ciclo dei robot e nella letteratura la cosa sembra funzionare, ma è appunto una geniale intuizione su come i limiti della AI debbano essere temperati e controllati da vicino dalla morale umana.
Le riflessioni esposte sopra non escludono però la possibilità di utilizzo della AI nei BB.CC. purchè si abbia l’ umiltà di cominciare da livelli bassi, non troppo rivoluzionari, come ad esempio la Business Intelligence che ha obbiettivi meno ambiziosi della AI.
Il problema principe della BI è singolarmente analogo a quello che si è sempre trovato di fronte qualsiasi studioso: il problema dell’ amministratore delegato….
Per un archeologo, o uno storico dell’ arte il problema non è tanto la scarsità di informazioni quanto la loro disomogeneità, la disorganicità, la duplicazione, la provenienza da fonti diverse, la diversa affidabilità e completezza delle fonti. E’ esattamente quello a cui si trova di fronte un amministratore di una multinazionale che per prendere decisioni ha bisogno di informazioni provenienti da settori e dipartimenti diversi ciascuno col proprio sistema informativo, col proprio paradigma di dati con le proprie sintesi.
Nel tempo anche nei BB.CC. si sono sviluppati molteplici sistemi, preziose banche dati delimitate alcune volte tematicamente, altre geograficamente, altre ancora per competenza amministrativa/gestionale; del resto è inevitabile che ogni ricerca abbia un “focus” o comunque un dominio ontologico e che questo si rifletta sul sistema che viene generato, il dato è oggettivamente sempre neutro, ma certamente diversi sono i punti di vista da cui lo si raccoglie, analizza e contestualizza.
Per raggiungere una certa unità e completezza le strade battute in passato erano quelle del consolidamento, dell’ accorpamento e della migrazione delle basi dati verso sistemi sempre più complessi che avevano l’ ambizione di essere “il sistema dei BB. CC.” Quanto questo fosse velleitario e poco efficace è evidente anche perché obbligava ad adottare un unico punto di vista mortificando la diversità, inoltre le importazioni di dati e talvolta anche le migrazioni implicano spesso un degrado dei dati, proprio come avveniva in passato nel tramandare le informazioni oralmente, nel tradurle, nella copia scritta di un’ opera; una enciclopedia è per sua natura meno accurata, approfondita, aggiornata ed esaustiva, di una serie di studi monografici.
L’ interoperabilità ha in qualche modo posto fine a questo sviluppo miope dei sistemi, ma non ha certo risolto il problema generale cioè quello di poter scalare le informazioni ottenendo al contempo la massima sintesi e la massima analisi, in fondo l’ interoperabilità dal punto di vista funzionale somiglia alle note a piè di pagina o alla bibliografia posta alla fine di un’ opera.
Per farla breve lo studioso, ma anche chi è chiamato alla tutela valorizzazione e gestione dei beni, avrebbe bisogno in definitiva di una sintesi unitaria il più completa possibile tra tutti i punti di vista che consenta però di risalire in caso di necessità alla fonte e ai dati analitici. A complicare non poco le cose c’è il fatto che le informazioni da sintetizzare sono dal punto di vista formale alfanumeriche, raster e vettoriali e da quello logico testuali, strutturate, geografiche, iconografiche. Ebbene questa operazione può effettivamente essere affidata ad una AI senza particolari problemi perché non ha necessità di intervenire sui dati originariamente raccolti, ma può contribuire in modo determinante alla loro interpretazione e contestualizzazione attraverso un processo reversibile alla bisogna.
(To be continued...)
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Questa nota fa parte di un articolo in corso di pubblicazione sulla Rivista Archeomatica, a breve disponibile.