Pesare le tecnologie per sostenerne il “peso”

google tondo- doniLeggendo le cifre relative al Google Art Project, il servizio che permette di visitare virtualmente alcuni importanti musei del mondo, si rimane non poco sorpresi ad apprendere che le opere sono ammirate, sempre statisticamente parlando, più a lungo su internet che dal vivo, con un minuto di osservazione sul web contro i 20 secondi della sosta media del visitatore tipico nei musei. Sembra infatti che la possibilità di visionare le opere in alta risoluzione incoraggi i visitatori a permanere più tempo in osservazione. Il risultato è senza dubbio interessante e denso di possibili riflessioni relative al ruolo dei musei digitalizzati, virtuali o online e delle potenzialità offerte dalle tecnologie per la valorizzazione dell'arte e la diffusione del patrimonio culturale. 

Trascinati dall’onda delle nuove tecnologie ne subiamo un fascino che spesso però ha l’effetto di un fuoco fatuo, se solo poco dopo ci si rende conto di quali sono i veri vantaggi apportati pesandone l’impatto sul reale corso della storia. Un problema da non sottovalutare se si pensa che ad oggi i sistemi informativi “istituzionali” non hanno ancora costituito un unico repository ove il dato centralizzato sia poi disponibile ai vari livelli di fruizione richiesti. 

In effetti l’alta definizione che possiamo percepire attraverso una visione digitale delle opere senza dubbio ci dà la stupenda possibilità di osservare l’oggetto da vicino in ogni sua singola parte che sicuramente nei musei non abbiamo. In questa direzione aumenterebbe l’utilità delle attività di documentazione fotografica dei musei nella consapevolezza del progresso delle immagini digitali che possono essere realizzate con vari sistemi per arrivare a costituire un documento atto sia alla catalogazione che all’analisi del degrado o, appunto, per una percezione ad alta definizione.

Google ha conquistato il mondo della ricerca dell’informazione su internet prima, andando poi ad espandersi nel mondo dell’informazione geografica ove ha ottenuto il risultato non trascurabile di aver portato utenti comuni ad utilizzare sistemi informativi geografici, prima regno di pochi eletti. E da un paio di anni ha aperto all’arte, con il Google Cultural Institute, ove attualmente il motore proposto è più quello di un web di seconda o terza generazione, tutto social e visual, con molte possibilità di interazione per l’utente.

Il progetto di Google partì nel febbraio del 2011 e oggi conta più di 200 musei partecipanti presenti in 43 paesi differenti. Attualmente sono 40.000 le opere digitalizzate presenti nel portale. L'opera più apprezzata dai visitatori sembra essere "La notte stellata" di Van Gogh conservata al Museum of Modern Art (MOMA) di New York, che viene inserita anche nelle gallerie dei singoli utenti per creare e condividere le collezioni personali. Interessante notare anche come i visitatori virtuali consultino maggiormente le “gallerie utenti” rispetto alle pagine dei singoli artisti o dei singoli quadri. A oggi sono state create ben 360.000 gallerie utente, 14.000 delle quali sono state rese pubbliche sul web.

Una tecnologia semplice ma efficace che speriamo non ci porti mai a far preferire la visita virtuale a quella reale all’interno del museo, ma che sia di stimolo ad una conoscenza approfondita che partendo dal reale porti al virtuale e viceversa. Probabilmente per la didattica è già una possibile soluzione alternativa per supportare i docenti nell’illustrazione delle opere che vengono usate per la formazione sia in campo storico artistico che tecnico scientifico. Basta osservare un’opera in alta definizione per comprenderne l’utilità se, ad esempio, si potesse disporre della stessa risoluzione sia prima che dopo un intervento conservativo. 

 

Editoriale Archeomatica Anno IV numero 1

 

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