La tecnologia genera in progress ulteriore tecnologia, ma quali scenari di sviluppo possono spalancarsi se invece ci rivolgiamo al passato e applichiamo le nostre moderne tecnologie a quelle degli antichi? Prendiamo le strade romane, il trionfo eccellente del concetto algoritmico del saper come fare che conferisce chiarezza
all’etimologia del termine tecnologia. Il sistema stradale romano costituisce a tale riguardo davvero un fatto straordinario.
Non solamente rappresenta, integrato con la rete dei trasporti marittimi, una delle componenti strutturali fondamentali attraverso cui lo stato romano si è prima affermato e ha poi dispiegato per almeno dieci secoli il suo dominio su popoli e territori ma ha determinato, con le tante vicende linguistiche, artistiche e scientifiche che sulle strade sono nate e grazie a esse si sono diffuse, grandissime conseguenze a livello culturale talmente profonde e durature che proseguono sino ai nostri giorni.
Le antiche civiltà dell’Oriente e dell’Occidente sulle strade iniziarono a parlarsi, a confrontarsi, ad arricchirsi vicendevolmente.
La civiltà romana in particolare grazie alle strade ha assorbito, fuso e trasformato i contributi e gli influssi culturali ed economici anche i più disparati e lontani che hanno finito così poi per conferirle quella dimensione di universalità che le ha consentito di non estinguersi ma di giungere sino a noi.
Rispetto ad esperienze di altre civiltà presiede alla costruzione delle strade romane un potente processo di astrazione.
Il territorio viene sottratto alla sua condizione di naturalità e decontestualizzato. All’incertezza dei segni della natura in perenne trasformazione il gromatico sostituisce la corrispondenza certa di quelli dello Stato. La pietra milliare fissa univocamente, una volta per tutte, il punto nello spazio finendo per scandire così anche il tempo. Immensi territori assumono in questo modo per la prima volta contorni certi, punti di riferimento militari ed economici permanenti e si possono stabilire tempi di percorrenza. Le attività politiche, militari, economiche e amministrative possono così abbracciarli e innervarli con margini di previsione e programmazione
prima sconosciuti. La strada si afferma come il significato su cui scorrono i significanti.
Solamente grazie alla concomitante maturazione di un complesso di adeguati presupposti di conoscenza (economica, geografica, etnografica, geometrica, ingegneristica) e di organizzazione questo processo, un fatto tecnologico, è stato possibile. La peculiare novità di cui Roma si fa portatrice non risiede, come tante volte si è scritto, nel disegno generale, strategico, sconosciuto ad altri orizzonti, che presiede alla costruzione, sviluppo e al mantenimento delle infrastrutture stradali. Questo semmai è il
sintomo di un sapere scientifico organizzato, strutturato in sistema, il solo capace di ridefinire con coerenza il territorio, che riesce
a dispiegare la sua potenza e di cui sappiamo purtroppo davvero poco.
Nel corso della loro storia millenaria le viae romanae hanno assunto molti aspetti e svolto molte funzioni, certamente hanno rappresentato molto di più di una mera circolazione di merci e di uomini su un tragitto. Tra queste è proprio la funzione di strumento di assetto e di pianificazione territoriale che ci permette di riconoscere il sistema stradale romano come una delle matrici di quella realtà complessa e pluriforme, articolata su più dimensioni, che è il nostro paesaggio, aggredito oggi dappertutto
da processi dissolutivi che paiono inarrestabili. L’aspetto tecnologico non è limitato al manufatto in sé ma si dilata alla realtà territoriale.
Possono essere le strade romane, in quanto elementi che hanno strutturato e continuano a strutturare durevolmente i territori, lo strumento per avvertire, difendere, tutelare, valorizzare il paesaggio culturale? E in quale scenario? E in quale modo?
Oggi che sui tracciati stradali risaltano con evidenza i flussi delle risorse energetiche e quelli di un bene immateriale come l’informazione, divenuti indispensabili e decisivi per lo sviluppo di intere aree continentali, siamo portati a pensare le strade in termini multimodali, fasci di connessioni, corridoi che comprendono le vie di comunicazione e di trasporto terrestre marittimo, fluviale e aereo ma anche il trasporto di energia (oleodotti, gasdotti, elettrodotti) nonché le telecomunicazioni (cavi e sistemi di
ripetizione).
Non è questo però il punto di arrivo. Dalla e nella reciproca integrazione di tutte queste connessioni il sistema stradale romano può ritrovare la sua funzione a livello di pianificazione territoriale, ridivenire capace di apportare linfa, costruire tessuto connettivo, innescare processi e progetti di trasformazione e di innovazione.
Per farlo dovremo assumere un punto di vista insieme interdisciplinare e plurimetodologico, attraverso l’uso di strumenti e metodi cognitivi nuovi e un ampio spettro di tecnologie anche a volte estremamente sofisticate, spesso risultato di un’innovazione che ha come protagonista l’intelligenza collettiva e che oggi ci permettono di studiare in modo più profondo e articolato il territorio, l’ambiente e il patrimonio culturale. Potremo così arrivare a ricostruzioni in termini dinamici e funzionali degli assetti territoriali
antichi e delle loro persistenze nel paesaggio attuale e formulare ipotesi convincenti sul rapporto da intrattenere con essi.
Solamente l’indagine che si avvalga dell’uso delle tecnologie odierne più innovative può permetterci di cogliere la profondità, la portata e l’attualità della tecnologia antica sottesa alla costruzione di infrastrutture come le strade romane. Anzi, proprio dal confronto tra tecnologie antiche e quelle moderne possono svilupparsi, richieste dalla complessità delle questioni da affrontare, ricerca applicata e innovazione tecnologica.
Editoriale pubblicato nel Numero 4 2015 di Archeomatica - Tecnologie per i Beni Culturali
Immagine: Scavi di Altino (Wikicommons)