Tecnologie emergenti per la ricerca archeologica e lo studio dei beni culturali: alcuni casi studio

Tecnologie emergenti per la ricerca archeologica e lo studio dei beni culturali: alcuni casi studio

L'archeologia sta subendo trasformazioni significative grazie a nuove tecnologie e approcci multidisciplinari. Trasformazioni che, se da una parte accelerano il processo di conoscenza in ambito archeologico, dall’altra rendono più “pesante” il bagaglio di conoscenze da mettere in campo per poter fare archeologia e, quindi, sempre più complesso e interdisciplinare il percorso di studi per avvicinarsi a questa disciplina. Si è sicuramente davanti ad una fase di transizione e trasformazione dell’archeologia che, almeno parzialmente, in alcuni casi, potrebbe mettere da parte i dogmi sacri dell’archeologia: ossia gli strumenti classici dell’archeologo come piccone, trowel, paletta. Di certo non si può fare uno scavo archeologico senza questi strumenti, ma si può fare archeologia senza di essi. Se si pensa che per Archeologia si intende la “Scienza dell’Antichità che mira alla ricostruzione delle civitlà antiche attraverso lo studio delle testimonianze materiali”, il ruolo dell’archeologo non è solo quello di dissotterrare, scavare o rinvenire ma, piuttosto, di saper leggere il passato e orientarsi nel mare di fonti bibliografiche e informazioni materiali ai fini di una ricostruzione storica basata su testimonianze dirette, tangibili e scientificamente dimostrabili. In questo senso, l’Archeometria - sin dalla sua nascita nei primi anni cinquanta con William Libby - ha rivestito un ruolo fondamentale dare forma all’archeologia come una Scienza esatta. Oggi, in modo sommariamente analogo, l’impulso che arriva dalla tecnologia apre nuovi orizzonti e possibilità di connessioni scientifiche: dall’individuazione dei siti archeologici alla pubblicazione dei dati.

E sono le tecnologie che accelerano questo processo di conoscenza, documentazione, analisi, lettura, interpretazione e diffusione del dato archeologico, purché vi siano un background di conoscenze dei contesti applicativi e dei limiti delle tecnologie che vengono usate, una “coscienza” di applicazione, un’etica che definisce l’uso della tecnologia applicata all’archeologia e ai beni culturali.
Ma sono gli uomini che, per quanto banale possa sembrare - gli studiosi, gli archeologi - sono chiamati a saper analizzare, gestire e interpretare tutte queste informazioni generate dalle tecnologie e capire come usarle, cosa farne e come mettere in pratica le informazioni ricavate dall’attività di rilievo o indagine archeologica. Sono quindi gli archeologi che devono saper stare al passo con i tempi in un mondo che sta mutando, evolvendo, cambiando direzione perché è proprio il ruolo dell’archeologo quello di unire i puntini, mettere assieme i tasselli, ricostruire il mosaico. E lo stanno facendo.

Una trasformazione che, a volte, potrebbe sembrare troppo rapida, intricata e di difficile comprensione perché genera una mole di dati complessa e malagevole. Infatti sovente si sente dire “cosa ci faccio con tutte queste informazioni, con tutti questi dati?” La risposta in realtà è molto semplice: sono prima di tutto testimonianze di un passato che è oggi il futuro che conserva un specifico passato che ancora non è diventato tale. Oggi quindi gli archeologi hanno il potere o il dovere di decidere cosa sarà tramandato, un pesante fardello di responsabilità. E sono proprio gli archeologi a dover essere coscienti dell’importanza di avere testimonianze materiali (o digitali che siano) di un futuro che potrebbe non esserci più o essere frammentato. E la tecnologia che rileva, cattura la realtà, crea gemelli digitali è la principale testimonianza diretta del mondo attuale. In questo senso, le tecnologie hanno una duplice funzione: registrare l’attuale stato delle cose dei Beni Culturali creando testimonianze; accelerare il processo di conoscenza creando connessioni che sino a  poco tempo fa erano impensabili.

Tecnologie emergenti per la ricerca archeologica

L’uso di tecnologie avanzate come droni, scanner 3D, lidar e immagini satellitari permettono il mapping di siti archeologici in modo più analitico ed economico (in termini di tempo) al fine di generare dati da sottoporre in pasto agli archeologi; i quali sono chiamati poi ad utilizzare queste informazioni per ricostruire il passato ma anche per poter svolgere indagini preliminari necessarie alle istituzioni o alle aziende che devono intervenire sul territorio per questioni di pianificazioni territoriali.

L'introduzione di tecniche di machine learning (applicate soprattutto a grandi dataset di immagini satellitari in ambito archeologico, ma anche allo studio delle forme della ceramica oppure alla decifrazione di testi antichi) aiutano ad analizzare grandi quantità di informazioni, rendendo più efficiente la ricerca e l'interpretazione dei dati come, appunto, l’individuazione di siti archeologici ma anche l’analisi di grandi quantità di reperti. E importante segnalere però che queste applicazioni non sono scevre da limiti e falsi positivi a seconda dei casi d’uso.

Nuovi promettenti scenari si palesano all’orizzonte come ampiamente dimostrato dalla recente scoperta di centinatia di siti archeologici tramite sensori ottici e algoritmi di intellgenza artificiale addestrati su dataset di immagini satellitari e capaci di individuare in modo autonomo e sommariamente automatico, ma anche grazie all’ausilio dell’expertise umana, lineamenti di strutture urbane e fortificazioni nel terreno nelle diverse consistenza del terreno. Nell’ultimo numero di Archeomatica “Towards a New Archaeology?” (Archeomatica 3 – 2024) diffusa a CHNT 2024 abbiamo parlato proprio di tecnologie emergenti all'avanguardia.

 

Lidar e recenti scoperte archeologiche

Nel 2021 ha fatto clamore la scoperta della Città Maya nello Yucatàn, chiamata Ocomtún (parola della lingua maya yucateca che fa riferimento alle sue numerose colonne di pietra), pubblicata su PLOS one nel 2021, condotta dal famoso archeologo Nord-Americano William M. Ringle che da oltre vent’anni si occupa di studiare queste zone. Oppure la recentissima scoperta, dell'ottobre 2024, sempre nello Yucatàn di un’altra città Maya chiamata Valeriana, pubblicata su Antiquity dal titolo Running out of empty space: environmental lidar and the crowded ancient landscape of Campeche, Mexico è stata condotta su un grande dataset di dati lidar creati nel 2013 per finalità non archeologiche e liberamente disponibili ed è avvenuta sempre grazie alla tecnologia Lidar.
Come non ricordare invece la Megalopolis Maya scoperta in Guatemala nel 2018?
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Mappa Topografica di di Ocomtún. L'antico insediamento è stato scoperto nella giungla del Mexico del nord. Crediti: INAH - Istituto Nazionale di Storia e  Antropologia del Messico. 

Questa visione dall’alto, che probabilmente è iniziata con Antoine Poidebard durante il primo censimento di siti archeologici dal cielo quando sorvolando zone desertiche individuò centinaia di fortificazioni in Siria ed Iraq, consente di indagare vaste porzioni della sfera terrestre o grandi aree remote cosi da poter realizzare una mappatura su larga scala dei siti archeologici in un'ottica vitale per la conservazione del patrimonio culturale.  

Ma non è solo il Messico ad aver restituito le vestigia di importanti città o strutture archeologiche. Nell’ottobre del 2023 sempre sulla rivista Antiquity (2023) è stata pubblicata una ricerca che aveva individuato centinaia possibili fortificazioni lungo il limes orientale dell’impero romano, tra l’odierna Siria e l'Iraq. A condurre questa promettente ricerca è stat il Prof. Jessie Casana con il contributo dello Spatial Archaeometry Lab (SPARCL) dell'Università di Dartmouth ed il suo gruppo di ricerca.

Il Lidar sta emergnedo come una potente tecnologia per la mappatura dei paesaggi archeologici extraurbani, in particolare dove la fitta vegetazione oscura la visibilità del sito. Più recentemente, la scansione Lidar da droni ha notevolmente migliorato la risoluzione delle nuvole di punti tridimensionali, consentendo il rilevamento di lievi tracce di caratteristiche strutturali con il dettaglio del centimetro in grandi siti archeologici, un metodo particolarmente utile in aree come le foreste o le montagne, dove la rapida deposizione e l'erosione seppelliscono ed espongano al rischio resti archeologici. Infatti, in Uzbekistan, lungo la via della seta, l’impiego dei droni e del Lidar sta apportando nuovi importanti sviluppi nella comprensione della vita socio-economica delle popolazioni degli altipiani.



Una vista Lidar di Tugunbulak, il sito di una città medievale in Uzbekistan, è stata restituita in una mappa altimetrica (Crediti: SAIElab/J. Berner/M. Frachetti).

La documentazione di estese infrastrutture urbane e produzione tecnologica tra le comunità medievali nelle montagne dell’Asia centrale – un nesso cruciale per le reti commerciali della Via della Seta – fornisce una nuova prospettiva sulla partecipazione delle popolazioni degli altipiani alla formazione economica, politica e sociale dell’Eurasia medievale.

Robotica e Beni Culturali

D’altro canto le recenti innovazioni nel campo della robotica applicata ai beni culturali stanno rivoluzionando il modo di tutelare, conservare e valorizzare il mondo antico. Tra i progetti maggiormente futuristici e all’avanguardia: Progetto RePAIR, Robot Ringhio, Progetto Automata. 

Progetto RePAIR

"RePAIR" è l'acronimo di Reconstructing the Past: Artificial Intelligence and Robotics meet Cultural Heritage  Il progetto nato in seno al programma Horizon 2020 e partito a settembre del  2021 e vuole avere una visione innovativa di applicazione. Una tecnologia di avanguardia viene messa in campo per la ricostruzione fisica di manufatti, perlopù frammentati e piuttosto complessi da ricomporre. Alla base di questo progetto ci sarà una infrastruttura robotica capace di scansionare frammenti ceramici, catalogarli in un sistema 3D e ricomporli assieme grazie a due braccia meccaniche in grado di manipolare questi ‘pezzetti’ di storia. La ricerca mira a sviluppare un sistema robotico intelligente che elaborerà, abbinerà e assemblerà fisicamente grandi manufatti fratturati in modo autonomo. Il progetto è certamente ambizioso e attualmente in corso d’opera e le attuali tecnologie standard semrbano non essere sufficienti per centrare gli obiettivi di questo iniziativa. In quest’ottica saranno quindi necessarie nuove soluzioni che oltrepasserano i confini dell’attuale conoscenza tecnologia nel campo della Robotica.

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Frammenti di Ceramica. Crediti: RePAIR.

Robot Ringhio

L’Istituto Italiano di Tecnologia assieme all’Università Politecnica della Marche e all’Università degli Studi di Macerata ha recentemente sviluppato un robot per il monitoraggio  di siti archeologici e strutture storiche. Il Robot RINGHIO acronimo di Robot for Inspection and Navigation to Generate Heritage and Infrastructures Observations è stato inizialmente pensato per monitorare lo stato di salute del Ponte San Giorgio di Genova che è stato costruito a seguito del crollo del ponte Morandi nel 2018. Questa evoluzione del robot RINGHIO dispone di telecamere ad alta risoluzione e sensori avanzati per monitorare e rilevare danni strutturali, registrando ogni informazion in un database per pianificare interventi di manutenzione e restauro.

Il robot, dotato di quattro ruote motrici, sembra un vero e proprio piccolo rover spaziale ed è capace di viaggiare alla veocità di 10 chilometri orari. Attualmente RINGHIO è in azione all’interno del Parco Archeologico di Pompei, oramai centro di sperimentazione sul campo di numerose tecnologie di matrice italiana.

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Ringhio in azione nel Parco Archeologico di Pompei. Crediti: Istituto Italiano di Tecnologia.

Progetto Automata

Coordinato dall’Università di Pisa, questo progetto integra robotica e intelligenza artificiale per migliorare l’analisi e la digitalizzazione dei reperti archeologici. AUTOMATA utilizza bracci robotici avanzati capaci di prelevare, analizzare e creare modelli 3D dettagliati di artefatti, rendendo più rapido ed efficiente il processo di studio e conservazione. Automata passa ai sensori frammenti di pietra o ceramica per le analisi chimico fisiche e crea poi un modello 3D completo di dati e informazioni. Il progetto mira a sviluppare strumenti accessibili con software open-source e componenti stampabili in 3D​. Automata è stata appena lanciato ad ottobre 2023 e rientra nel programma HorizonEU dell’Unione Europea. Per la realizzazione di questo avveniristico scenario saranno necessario il quinquennio 2024 – 2029.

A livello tecnico, AUTOMATA consentirà una digitalizzazione rapida e a basso costo. Questo approccio semplificherà l'acquisizione dei dati, a beneficio di istituzioni pubbliche e private, musei e istituti dedicati alla ricerca, alla conservazione e alla tutela. Non ultimo, il lavoro di documentazione di AUTOMATA andrà ad arricchire il Cloud dedicato alla condivisione e all’utilizzo innovativo del patrimonio culturale che l’Unione Europea sta costruendo (ECCCH: European Collaborative Cloud for Cultural Heritage - ECHOES project: European Cloud for Heritage OpEn Science (https://www.echoes-eccch.eu/)).

 

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Machine Learning e Archeologia

Nel 2013 sulle pagine di Archeomatica pubblicavamo l’articolo “L’utilizzo di metodi automatici per l’analisi della forma applicati alla ricerca” di Loris Nanni, Alessandra Lumini e Monica Toschi. Uno dei primi impieghi dei metodi automatici per la catalogazione di reperti della Ceramica “Kamares” tramite lo studio e l’analisi della forma.  Dopo quasi dieci anni possiamo avvalerci di questi processi innovativi  con  una maggiore potenza di calcolo e una maggiore cognizione e capacità d’uso delle tecniche di machine learning. Di seguito alcuni progetti che dimostrano l’efficienza e la potenza innovativa di questi tecniche applicate all’archeologia e ai beni culturali.

 

ArchAIDE     

Il progetto nasce nel 2020  per catalogare automaticamente reperti archeologici, come i frammenti di ceramica. Un processo di classificazione estremamente lento e tedioso se svolto in modo manuale. Tradizionalmente, gli archeologi hanno passato anni della loro vita a classificare ogni singolo pezzo, ma con le tecniche di machine learning sono supportati in queste interminabili fasi di classificazione dall’AI che riconosce i frammenti in pochi secondi (se presenti nel DB), risparmiando tempo e riducendo gli errori e potendosi concentrare su altri aspetti della ricerca.  Ne abbiamo parlato in varie occasioni nell’articolo Archaide System Quando il futoro dell’archelogia è già iniziato ().

Cultural Landscapes Scanner

Cultural Landscapes Scanner è un progetto dell’Istituto Italiano di Tecnologie e dell’ESA che mira ad individuare siti archeologici nascosti nel sottosuolo mediante tecniche di Earth Observation (EO), algoritmi di Intelligenza Artificiale (AI) e analisi automatica di immagini telelerilevate che sta lavorando per rimuovere alcuni degli aspetti più complicati nello sviluppo di applicazioni di machine learning per l’individuazione automatica di siti non ancora identificati:

  • Mancanza di dataset adeguati per formare le AI in termini di qualità e quantità e non disponibili in open source
  • Assenza di dataset di riferimento aperti ove testare e programmare le AI
  • Mancanza di uno standard per valutare le prestazioni delle AI e degli algoritmi di machine learning

Cultural Landscape Scanner mira quindi a stabilire un punto di riferimento nell'uso di immagini telerilevate per l'identificazione automatica di varie classi di siti del patrimonio culturale attraverso l'integrazione di approcci di apprendimento automatico all'avanguardia con la ricerca archeologica e il lavoro sul campo.

Altri progetti o studi di ricerca che impiegano l’uso dell’intelligenza artificiale in Archeologia sono:

Questi progetti evidenziano come l'intelligenza artificiale sta letteralmente trasformando l'archeologia, migliorando l'efficienza, l'accuratezza e la capacità di esplorare e conservare il nostro passato. Usando queste tecniche i ricercatori sono riusciti a fare scoperte straordinarie, a ricostruire ambienti perduti e a migliorare la gestione dei reperti, portando la disciplina archeologica in una nuova era tecnologica. Questi sviluppi evidenziano anche il crescente ruolo che la tecnologia sta assumendo nel preservare e rendere fruibile il patrimonio culturale in modi nuovi ed efficaci. Una corsa all’oro che sembra non arrestarsi ma, anzi, sia solo all’inizio.

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