ArchAIDE: nuovo progetto sull'interpretazione archeologica automatica e la documentazione di ceramiche antiche

ArchAIDE: nuovo progetto sull'interpretazione archeologica automatica e la documentazione di ceramiche antiche

Si chiama ArchAIDE (Archaeological Automatic Interpretation and Documentation of cEramics) il nuovo progetto europeo finanziato nell'ambito di Horizon 2020 con ente capofila l’Università di Pisa attraverso il Dipartimento di Civiltà e forme del sapere, insieme al CNR-Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione, le Università di Tel Aviv (Israele)-School of Computer Science, York (Gran Bretagna)-Archaeology Data Service, Barcellona (Spagna)-Facultad de Prehistòria, Història Antiga i Arquelogia e Koeln (Germania)-Institut für Archäologie.

Sono impegnate nel progetto anche due aziende spagnole, “Baraka Arqueologos” ed “ElementsCentre De Gestió i Difusió De Patrimoni Cultural”, e la società italiana Inera srl che sperimenterà sul campo il prototipo che sarà realizzato.

Il progetto nasce con l'obiettivo "di creare un prototipo in grado di agevolare e accelerare il lavoro degli archeologi per quanto riguarda l’attività di classificazione delle ceramiche, che sono reperti di fondamentale importanza per capire e datare i contesti archeologici e comprendere i flussi commerciali e le interazioni sociali nel passato".

La classificazione delle ceramiche antiche richiede oggi competenze complesse, data la specializzazione raggiunta in questo specifico campo dagli studi archeologici nell’ultimo secolo. È un lavoro che richiede tempi lunghi anche perché spesso dev’essere effettuato direttamente sugli scavi, in luoghi lontani dalle biblioteche”, spiega la professoressa Letizia Gualandi dell’Ateneo pisano, coordinatrice del progetto. “L’idea è quindi di aiutare gli archeologi con strumenti tecnologici per ridurre tempi e costi, migliorando l'accesso, il riutilizzo e la valorizzazione del patrimonio in modo sostenibile”.

Il progetto durerà tre anni a partire dal 1 giugno, grazie ad un finanziamento di 2 milioni e 460mila euro.
E' previsto lo sviluppo e il test "di un’applicazione per dispositivi mobili, capace di riconoscere e classificare i reperti – anche in condizioni frammentarie – sulla base di immagini fotografiche, grazie ad un’interfaccia semplice e ad algoritmi efficienti per la caratterizzazione, la ricerca e il recupero delle corrispondenze visive e geometriche. Inviando la foto del reperto ceramico, mediante smartphone o tablet, a un database contenente le informazioni sulle varie tipologie di ceramiche in uso nell’antichità, sarà possibile ottenere l’identificazione del reperto – o quantomeno una serie di indicazioni circa la sua possibile identificazione – e l’area di distribuzione dei rinvenimenti: il tutto in tempi rapidissimi e in qualunque angolo della terra. Il sistema inoltre sarà in grado di autoaggiornarsi, poiché ogni nuova segnalazione andrà ad arricchire automaticamente il database. L’obiettivo, in altri termini, è creare una sorta di carta d'identità elettronica delle singole ceramiche, che consenta la visualizzazione delle informazioni in tempo reale e la creazione di un archivio aperto per trasformare i dati in patrimonio comune".

Alla fine del progetto – ha concluso Letizia Gualandi - sarà realizzato un primo nucleo di database, digitalizzando i cataloghi cartacei esistenti relativi ad alcune classi ceramiche che, per le loro caratteristiche formali, cronologiche e di distribuzione geografica, si prestano a testare al meglio il prototipo. Il nostro obiettivo è infatti creare un archivio che sia valido per tutto il mondo antico e che possa essere utilizzato da qualunque ricercatore, studioso o appassionato in qualunque luogo si trovi. Un sito web, che sarà appositamente creato all’inizio del progetto, consentirà a chiunque di seguire il lavoro di ricerca in ogni sua fase”.

 

Fonte: Unipi

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