Geomatica e Beni Culturali: Digitalizzazione e stampa 3D di un mosaico a tecnica bizantina

Fig. 1 – Mosaico parietale del Buon Pastore presso il Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna.

Le moderne tecnologie di rilievo e restituzione 3D offrono enormi possibilità per la documentazione, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale. L’articolo illustra un’applicazione di rilievo laser scanning e prototipazione rapida su un mosaico a tecnica bizantina.

 La conservazione del patrimonio culturale, grazie anche a tecniche di archiviazione digitale, è divenuto nel recente passato un obiettivo globale e al tempo stesso una sfida: l’UNESCO, fra le maggiori autorità del settore, pone sempre maggiore attenzione sulle tematiche della documentazione digitale al fine di garantirne la trasmissione alle generazioni future (National Library of Australia 2003). Le nuove tecnologie afferenti alla geomatica e all’informatica offrono oggi notevoli potenzialità applicative per la documentazione dei Beni Culturali, sia per quanto riguarda le fasi di acquisizione dei dati, sia per tutte le fasi di rappresentazione, diffusione e comunicazione multimediale (Böhler W., Hein G., Marbs A. 2001).

La documentazione, intesa come sistematica attività di registrazione e gestione delle informazioni, vuol dire conoscere per conservare e valorizzare, rendendo i Beni Culturali maggiormente fruibili per la popolazione e creando un sistema di coscienze che ne impedisca irrimediabili ed inestimabili perdite.

Oggigiorno qualsiasi attività di gestione del patrimonio culturale dovrebbe essere strutturata su una solida base di conoscenze, al fine di assicurare una migliore progettazione degli interventi di gestione e di recupero, monitorando costantemente i cambiamenti nel corso del tempo, anticipando talvolta avvenimenti catastrofici e inaspettati.

Il caso studio
Operando secondo questa filosofia GEIS – Geomatics Engineering Innovative Solutions SRL (www.geomaticsengineering.it), società attiva nel settore del rilevamento tridimensionale di Beni Culturali, in collaborazione con la dott.ssa Francesca Casagrande, conservatrice diplomata alla Scuola per il Restauro del Mosaico di Ravenna e ideatrice del progetto di ricerca Opus Digitale (www.opusdigitale.com), ha eseguito un test di digitalizzazione di un pannello musivo di dimensioni 35x36 cm circa con lo scopo di riprodurlo. Opus Digitale è un progetto di ricerca che nasce dal legame indissolubile con la città di Ravenna. La città vanta ben otto monumenti sotto protezione UNESCO ed ha concorso come Capitale Europea della Cultura nel 2009, ma attualmente non possiede una documentazione tridimensionale del proprio patrimonio musivo. (Kniffitz L. 2006). La speranza della conservazione e trasmissione nel futuro del nostro patrimonio culturale è riposta anche nelle nuove tecnologie, con cui si potrà perpetuare il più a lungo possibile la materia e l’essenza delle opere d’arte.

La sperimentazione si pone l’obiettivo di valutare la potenzialità delle nuove tecnologie di riprodurre opere in modalità non invasiva e senza richiedere contatto, diversamente da quanto accadeva in passato. Durante le normali operazioni di restauro e manutenzione dei monumenti ravennati, negli anni ’50 e ’60, i restauratori che erano anche abili mosaicisti, ottenevano calchi diretti delle superfici musive antiche mediante l’applicazione di carta Bibula o carta assorbente. Lo strato cartaceo, appositamente inumidito con acqua e blando collante, veniva fatto aderire alla superficie musiva, e una volta asciutto manteneva perfettamente il rilievo. Il calco in carta dava origine alla matrice nella quale veniva colato il gesso che permetteva di ottenere calchi indiretti. Quest’ultimi venivano poi colorati seguendo scrupolosamente le cromie originali. Alcuni di questi calchi di gesso sono oggi conservati presso l’Istituto d’Arte per il Mosaico Gino Severini di Ravenna.

Analizziamo in dettaglio il processo che ha permesso la realizzazione del calco musivo non a contatto. Il campione oggetto del rilievo laser scanning 3D: è una copia di una porzione del mosaico del Buon Pastore presente all’interno del Mausoleo di Galla Placidia (bene UNESCO dal 1996) di Ravenna (Fig. 1).

La copia, risalente alla metà del secolo scorso è stata realizzata seguendo fedelmente la tecnica di bizantina (Fig. 2).

FIG 2

Fig. 2 – Pannello musivo della sperimentazione: copia della porzione del volto del mosaico del Buon Pastore realizzata con tecnica bizantina gentilmente messa a disposizione della Dott. Ssa Francesca Casagrande (www.francescacasagrande-restauro.com).

 

La scelta del campione da sottoporre alla sperimentazione è in relazione alla necessità di impiegare un mosaico che abbia le medesime caratteristiche dei mosaici parietali antichi, costituito da smalti3 e tessere con foglia metallica, collocate secondo la tecnica bizantina. Questa tecnica di realizzazione contribuisce a creare una superficie musiva tridimensionale, poiché contraddistinta dalla messa in opera nella malta d’allettamento di tessere di con diverse inclinazioni e profondità, sebbene la geometria rimanga a prevalente sviluppo complanare. Il mosaico, oggetto del rilievo, è collocato su pannello di cemento. Un mosaico, di qualunque tipologia, è realizzato nello strato superficiale

con tessere e malta legante. Le tessere costituiscono punti di colore che definiscono il disegno e determinano il cromatismo della composizione, a cui partecipa con la medesima importanza anche l’interstizio4. Quest’ultimo è costituito dalla malta d’allettamento la sua ampiezza e profondità rafforza o diluisce la percezione cromatica del mosaico stesso. Le tessere e l’interstizio avvolti dalla luce atmosferica danno origine alla percezione della visione musiva. La figura 3 evidenzia la mutevolezza luministica dell’opera, consistente negli effetti di riflessione e rifrazione, dovuti all’interazione della luce con il vetro delle tessere.

FIG 3

Il disegno (Fig. 3) rappresenta una superficie musiva parietale vista di profilo, eseguita secondo la tecnica bizantina di messa in opera del materiale a diversa inclinazione e profondità. La superficie ottenuta, non complanare, fa si che ogni singola tessera colpita da raggi luminosi creerà una risposta ottica diversa col risultato di rifrazioni e riflessioni propagate in diverse direzioni. Quest’ultimo è l’effetto vibrante che osserviamo nelle decorazioni musive delle basiliche ravennati, nelle quali una sorgente luminosa produce una svariata composizione di raggi riflessi con intensità e colore diversi, variabili a seconda del punto di osservazione e dell’intensità d’illuminazione. Il mosaico è un’arte tradizionale, trasmessa nel corso del tempo in maniera quasi immutata, senza sostanziali trasformazioni sia dal punto di vista tecnico-pratico sia riguardo ai materiali utilizzati, che sono rimasti in gran parte i medesimi dall’epoca classica in poi. Una particolare annotazione meritano le tessere oro (Fig.4) e argento, denominate anche tessere metalliche, esse sono costituite da tre strati sovrapposti:

  • 1° strato - vitreo di supporto (con spessore da 0,5 a 1 cm);
  • 2° strato - una foglia metallica d’oro o d’argento;
  • 3° strato - vitreo trasparente molto sottile (0,8 mm), della medesima composizione chimica del supporto vetroso denominata cartellina.

 

FIG 4

Le tessere con foglia metallica qualora perdano per distacco e caduta la cartellina, espongono la foglia metallica a degrado, per cui della tessera originaria resta solo il supporto vetroso.

Quest’ultimo spesso trasparente crea numerosi problemi al momento dell’acquisizione mediante scansione laser.

La peculiarità della tecnica di realizzazione del pannello musivo ha suggerito la digitalizzazione del campione tramite tecnologia a scansione laser, in alternativa alle più canoniche tecniche fotografiche o fotogrammetriche (Kadobayashi, Kochi, Otani, Furukawa 2004). Dovendo ottenere un prodotto di ottima qualità e precisione, è stato scelto di operare con un laser scanner a triangolazione poiché, grazie al principio di misurazione, avrebbe assicurato risoluzioni e accuratezze di acquisizione elevatissime (Blais 2004). In particolare, il modello utilizzato è il Range7 di Konica Minolta con ottica Wide (Fig. 5), in grado di acquisire per ogni singola scansione una superficie di circa 20x25 cm con una risoluzione di 20 centesimi di millimetro e un’accuratezza nominale di 40 micron.

FIG 5Fig. 5 – Scansione 3D: acquisizione mediante laser scanner ad alta risoluzione della superficie del mosaico (a cura di GEIS Srl).

Continua a Leggere

Articolo a cura di Riccardo Rivola, Cristina Castagnetti, Eleonora Bertacchini e Francesca Casagrande

Related Articles