Abra…cadabra… Giuditta e Oloferne

Eroico è il delitto di Giuditta nel passo del Voyage en Italie (Joseph De Lalande, 1769) pertinente la tela da Palazzo Zambeccari di Giuditta e Oloferne: (1767) “Judith coupant la tête à Holopherne, par Michel-Ange de Carravage, tableau très-beau, bien composé; il est traité d’une manière si terrible qu’on ne peut le regarder sans une espece de saisissement; le sujet est prix dans le moment du passage de la vie à la mort, & rendu d’une manière effrayante. La Judith est belle & a une certaine horreur de l’action qu’elle commet. Le caractère de la Suivante est bien, & il laisse dominer celui de la figure principale. Ce tableau est vigoureux de couleur. C’est dommage que le dessein en soit ronde & les countours trop roides.”

La descrizione sembra attenersi al trapasso di Oloferne ed al fiero cipiglio di Abra (Jean Baptiste Glaire, Napoli 1844), la fantesca a fianco di Giuditta, come sono colti dal dipinto a mezze figure in verticale della Pinacoteca di Bologna (1) (Artemisia Gentileschi, Bartolomeo Manfredi), con il lenzuolo rattoppato sul letto, dove la testa di Oloferne è divelta a braccia tese da Giuditta con la spada, avvinghiandola per i capelli fino a suggestionare nello spettatore lo scricchiolio delle ossa.

 

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1- (Artemisia Gentileschi), Giuditta e Oloferne, Pinacoteca di Bologna

 

caravaggio

2 - Caravaggio, Giuditta e Oloferne, Galleria Barberini, Roma

 

Nel secolo scorso Roberto Longhi (1916; 1951) aveva eletto tra le versioni della Gentileschi la 'Giuditta e Oloferne' agli Uffizi (Luigi Lanzi), a sua volta, nella storia del collezionismo granducale, tra i più noti quadri ad essere riferiti allo stesso Caravaggio. Nella descrizione di Charles De Brosses (Lettres familières sur l’Italie) del dipinto bolognese era fatta allusione al sangue freddo ed alla “méchanceté” della fantesca, che immobilizza Oloferne, sulla quale Lady Ann Miller (1776) avrebbe a sua volta innalzato l'energica fierezza popolare di Giuditta, perfino sfuggente l’età dell'inscindibile comparsa, se reclina, della biblica rivolta di Betulia (Cisgiordania), nei Gentileschi un episodio avvertito con spunti autobiografici. Se non lo stesso che ebbe modo di osservare nei dettagli il poeta Giambattista Marino per il ritratto di Giudit della Galeria:“STRINGO, di chi credea stringermi in seno,/ Per la squallida chioma il teschio mozzo./ Di vin, di sonno, e di lascivia pieno/ Versò con l’alma l’ultimo singhiozzo;/ E lavò col suo sangue il letto osceno./ Ch’era d’infame amor macchiato, e sozzo,/ Così da doppio assedio in libertade,/ Posi la patria oppressa, e l’honestade”, il quadro era un'immagine immortale della Giuditta (2) nel palazzo romano di Ottavio Costa. Fatale anche ai Carracci, il gusto necroscopico tra i caravaggeschi bolognesi aveva una nomea più che popolare e non solo a proposito di un precocità in tal senso di Lionello Spada, esacerbata com’era da Filippo Baldinucci nelle tendenze di Lorenzo Garbieri più di ogni altro. Se un campione di ferocia era il dipinto della quadreria Zambeccari, la cruenta macchina della tela fatta sfilare a Gualtieri (Reggio Emilia) da quest’ultimo, non ne era da meno, resa ancora più persuasiva dallo storico con l'anonimia della martire, che vi subiva il taglio reciso della testa, nella flagrante affinità alla decapitazione della santa nel Martirio dei SS. Valeria e Marziale Vescovo della Pinacoteca Vaticana, lo Spadarino (Giovanni Antonio Galli romano, Erasmo Pistolesi, I, 1829).

 

 

                    sistina      capitolini

3 - Giuditta e Oloferne, Cappella Sistina (particolare). 4 - Giuditta e Abra, Musei Capitolini, Roma

 

figura4 figura5 giuditta-napoli

4 - Giuditta e Oloferne (copia segnalata 2014).  5 - Giuditta e Oloferne, Palazzo Zevallos di Stigliano, Napoli 

 

Per quanto senza alcun accenno al personaggio della fantesca, Friedrich Von Ramdohr nel 1787 avrà a sua volta riferito di una Giuditta a Palazzo Albani a Roma - sublime la testa di Oloferne (3) sul vassoio della Sistina (Daniele da Volterra, dal calco del volto di Michelangelo) - come contraddistinta dal gesto di afferrarla, per sua natura efferata: “Judith mit dem kopf des Holofernes von Caravaggio.” Un quadro non da ora alternativamente accostato ai soggetti nella Pinacoteca Capitolina a sviluppo verticale, dei quali solo la Giuditta (4) ritenuta di provenienza Sacchetti, in cui pure compare la sua ancella, è a poco più di mezza figura e ostende il capo mozzo a occhi chiusi, a differenza di un Golia od una Medusa, nel sacco proteso dall’una all’altra. Opera di Giulio Romano secondo Righetti (Pietro Righetti, 1836, II, tv. 342, p.147; Bruno 1978, fg. 220; Pinacoteca Capitolina, Repertorio n. 18, 2006), il quadro coinciderebbe per la sciabola, discusso dettaglio inciso, con la descrizione di De Lalande della Giuditta a Palazzo Albani, palazzo appartenuto ai Mattei, in cui comparivano il sacco e la serva: (Voyage, 4, c. 294 ) “Une Judith du Caravage; elle tient le sabre (n.d.r.: sciabola) et le sac. Elle est traité dans le clair, et d'une couleur assez bonne, mais les caractères son ben nobles...” In effetti, la centralità di Giuditta sottolineata da Von Ramdhor nel quadro Albani sembra appartenere alla tela capitolina (1688), in cui dilegua nello sfondo la donna, un'Abra matrona, neanche giovane come dipinta dai Gentileschi. Nella figura intera con una scimitarra, sempre capitolina e raffrontata ad un altro esemplare nella Galleria Spada (Vita di Carlo Maratta; Pietro Righetti 1833, I, tv. 182, copia da Guido Reni di Carlo Maratta; Bruno 1978, collezione Pio 1750, fg. 266, copie 2006, p. 146), è il braccio del Cristo della Deposizione a penzolare dal cadavere di Oloferne, la testa ruotata con le dita come un mappamondo, che era senza mezzi termini Satana, a modello il pittore Agostino Tassi, nelle repliche Giustiniani dell''Amore divino’ di Giovanni Baglione. Ritenuta originale (Marini 1974 e segg.) la tela appartenuta a Louis Finson inventariata in casa di Abraham Vinx (Amsterdam, 1617), il recentissimo clamore della presentazione alla stampa di un quadro di Giuditta (5) (Tolosa, aprile 2016) non è nuovo per un soggetto macabro tra i più rappresentati del decennio, né libera il dipinto all'attualità in Francia da una ripresa della Giuditta e Oloferne (2) appartenuta agli eredi Costa, pervenuta alla Galleria Barberini per acquisto (Vincenzo Coppi 1951, fino al 1971). In questo quadro a mezze figure in grande, nella tenda nemica che traluce il giorno pieno, Giuditta afferra Oloferne per i capelli come strappasse un calco di gesso dal viso del monarca, atterrita dal volto scoperto del vinto, che espianta dal collo. Smascherata dall'apprendista era nientedimeno che un'altra eminenza dell'accademia romana del vivo, il neo-eletto prefetto di grazia cardinale Scipione Borghese, investito del titolo di S. Crisogono (18 luglio 1605).

 

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6 - Valentin, Giuditta e Oloferne, Museo di La Valletta, Malta

 

Qualche anno dopo, l'Accademia del vero di Federico Zuccari e di Giovanni Baglione sarà ritratta en plein air da Artemisia con il nudo della pittrice romana Giustiniana Guidotti nella 'Susanna e i vecchioni'. Il quadro di medesimo taglio del dipinto Coppi sotto osservazione in Francia, appare quasi identico all'altro invece più volte pubblicato, anche anonimo, esposto a Louis Finson (un 'Ludovico Parmigianino') nella raccolta del Banco di Napoli a Palazzo Zevallos (4) (2013). La vecchia vi è interposta all'azione ed il gesto ripetuto dei lembi del grembiule da lei impugnati, proprio alla Giuditta e Oloferne Barberini, è quello tenebroso beninteso da Antoine Coypel (Sotheby’s 2000; Robert Dumesnil, 2, 1, 1836). La fluidità materica e la rigidità della testa di Oloferne si prestano al confronto con i maestri nell’orbita di Nicolas Tournier, che meno asseconderanno l’inclinazione nel sonno mortale della testa di Cristo della Deposizione, rendendo plausibile che, come Joachim von Sandrart a Roma, fosse Louis Finson a replicarlo nelle proprie tele dalla Giuditta e Oloferne di Caravaggio a Napoli (1607). Tele in cui - la sovrana guardinga della testa di una salma autoptica nella formaldeide che non le fa onor del vero - è la fantesca a personificare l'azione furtiva sul cadavere posizionato, intercettato dal frammento nello spicchio di vela nella Sistina e dai dipinti Gentileschi, nella centralità che a lei sarà popolare, restituita in pieno da Gerrit van Honthorst (Parigi, Galerie Aaron). La torsione dai capelli del capo sgozzato di Oloferne per mostrarne la spoglia sanguinaria, se goffa perché irripetibile, è esportata attraverso Italia e Francia nella spettacolare autenticità di un imprimatur, omografica l'annotazione del soggetto dell'inventario Vinx pertinente la Madonna del Rosario che era esposta ad Anversa (Kunsthistorisches Museum,Wien). Nella terribilità de Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile è narrata ai “piccirilli” la Giuditta Barberini, dove in primo piano è la vecchia Abra, che insacca dai lembi il grembiule, entrando in scena sbigottita alle grida ed ai singhiozzi (Niccolai, 11, Venezia 1782), a far vibrare la giovane protagonista corrucciata e sgomenta di Oloferne vivo, in una stessa prospettiva escatologica raggiunta con immediatezza la ‘Giuditta e Oloferne’ (6) del National Museum of Fine Arts di La Valletta a Malta, tra le accessioni di provenienza romana della raccolta curate da Vincenzo Bonello (Bonello 1929; Valentin, Longhi 1951).

 

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