L’ultimo progetto digitale in ambito culturale di cui avete sentito parlare? Senz’altro uno che utilizza tecnologie da buzzword su Wired, realizzato attraverso finanziamenti istituzionali. Pochi progetti però si spingono nel lungo periodo, curando nello sviluppo l’evoluzione e la durata che avrà l’applicazione realizzata di uso pubblico, non sempre sostenibile nell’ordinaria amministrazione.
Questo tipo di progetto ha bisogno infatti di coinvolgere più attori, per rientrare nei requisiti dei bandi sempre più comuni, dimostrando una cooperazione fra diversi enti (trasferimento tecnologico) e paesi (partenariati europei). Il risultato di una coordinazione così complessa, anche nei casi in cui la user experience sia considerata, frequentemente prescinde, per l’oggettiva condizione di rapidità della fase di lancio del progetto, dalla routine di sfruttamento della risorsa da parte di chi questi progetti dovrà poi promuoverli e gestirne i contenuti nel tempo, ovvero gli uffici dell’ente culturale, siano questi di un museo, un teatro o un comune che promuove turismo.
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Se il progetto perde utenti non appena l'hype della notizia inizia a scendere può voler dire che non si è riusciti a raggiungere l’obiettivo principale, che è quello di portare più pubblico in maniera continuativa nella fase gestionale, rendendo efficace l’investimento, anche quando arriva da un finanziamento di eccellenza.
Con il PNRR, già dal 2023 sarà previsto un investimento per gli operatori dei luoghi pubblici della cultura, personale sempre più autonomo e in grado di gestire gli strumenti digitali che entreranno continuativamente a far parte del lavoro di ufficio, come lo è già per i settori industriali. Doversi affidare a sistemi chiusi, invariabili nei contenuti e nelle azioni sarà sempre di meno un limite con l’orientamento di personale marketing qualificabile.
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Un enorme vantaggio di questo genere di software è quello di poter essere pianificato, distribuito e anche rivenduto come servizio e negli ultimi anni sempre di più si sta facendo strada il Software-as-a-Service (SaaS) in ogni settore economico. Ci sono piattaforme diffuse come Netflix, AirBnB, Uber che ci hanno abituato a questo share di servizio in ambito consumer, cui si affiancano ora anche nel settore culturale decisamente quelli cosiddetti dell’ambito B2B (come MailChimp, Zoom, Google Workspace etc.).
Anche la Pubblica Amministrazione ha cominciato ad aprire le porte a questo tipo di prodotti, costruendo un vero proprio marketplace a riguardo, l’AGID Cloud Marketplace [2], dove i fornitori possono esibirne il catalogo dopo aver sottoposto i loro servizi ad un accurato processo di certificazione.
I sistemi SaaS esistenti differiscono dai sistemi Ad-hoc per un alto livello di standardizzazione e di sicurezza, definendo chiaramente costi nel tempo e garantendo un aggiornamento tecnologico costante del servizio, ovviamente installato su ambiente Cloud. L’obsolescenza del software è un aspetto senz’altro rilevante quando se ne sta per realizzare o acquistare uno, soprattutto in questo periodo di piccoli ma super rapidi cambiamenti.
Last but not least, la velocità di adozione di un sistema SaaS non ha paragone con l’implementazione di sistemi proprietari, che sebbene possano essere realizzati su misura possono nascondere insidie progettuali che incideranno sull’investimento (o sulle funzionalità preventivate) e sui successivi tempi di ottimizzazione, solitamente già elevati in partenza.
“Showtime! Apps” di Mango Mobile Agency
Mango Mobile è un’agenzia che sviluppa prodotti software e servizi di marketing per gli enti culturali, prestando attenzione a massimizzare l’esperienza utente e a dare uno strumento efficace per coltivare vecchio e nuovo pubblico in open access.
Il prodotto “Showtime! Apps” è un esempio di SaaS destinato al settore cultura per rendere il visitor journey un’esperienza interattiva in tutte le sue fasi, prima, durante e dopo la visita, attraverso un'app ufficiale e dedicata dell’ente culturale.
Bibliografia: Docs Italia AGID Cloud Marketplace
Autore: Claudio Buda
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