In occasione dei 25 anni dal suo ritrovamento, dal 19 al 21 settembre 2016 a Bolzano, si è tenuto un congresso internazionale sulle mummie dedicato a Ötzi. Il rame con cui è stata costruita l’ascia di Ötzi potrebbe non provenire dalle Alpi, come ritenuto finora, ma dai giacimenti della Toscana meridionale.
Ötzi non si dedicava alla lavorazione del rame, come invece avevano fatto pensare le tracce di arsenico e rame trovate nei suoi capelli. Il suo assassinio potrebbe essere legato a una situazione di conflitto accaduta qualche giorno prima della sua morte. Nonostante avesse un peso che rientrava nella norma e facesse molto movimento, l’Uomo venuto dal ghiaccio soffriva di arteriosclerosi. Questi sono alcuni dei principali risultati scientifici presentati durante il Congresso.
Da quando l’Uomo venuto dal ghiaccio è stato ritrovato, il 19 settembre 1991, il suo studio ha catalizzato l’attenzione della comunità scientifica internazionale. Nessuna mummia è stata studiata così nel dettaglio. “Per gli scienziati il ritrovamento di Ötzi non è paragonabile a nessuna altra scoperta di un corpo antico: l’Iceman è un tipico europeo, vissuto oltre 5000 anni fa. Il suo studio fornisce risposte continue e sorprendenti” spiega l’antropologo Albert Zink di EURAC Research, direttore scientifico del congresso. “La conservazione ottimale della mummia, grazie al ghiaccio, rende Ötzi un modello unico per noi ricercatori: possiamo sviluppare metodi scientifici da applicare anche per lo studio di altre mummie”, continua Zink. “Oggi ci concentriamo in particolare su chi fosse, sul suo ruolo nella società e su ciò che successe nei giorni precedenti alla sua morte. I metodi innovativi a disposizione degli esperti fanno sì che si ottengano sempre nuovi risultati”, afferma Angelika Fleckinger, direttrice del Museo Archeologico dell’Alto Adige, che organizza il congresso insieme a EURAC Research.
Contatti con il centro Italia
Una scoperta sorprendente viene dall’elemento più particolare dell’attrezzatura di Ötzi, l’ascia di rame. Diversamente da quanto ritenuto finora dagli esperti, il rame della lama non viene dalle Alpi – Tirolo dell’est o del nord sembravano i luoghi di provenienza più probabili – ma dal centro Italia. Un gruppo di ricercatori, guidato da Gilberto Artioli, esperto di geoscienze e docente all’Università di Padova, ha scoperto che il rame proviene da
giacimenti di minerale nel sud della Toscana. Gli esperti veneti hanno prelevato un minuscolo campione della lama e svolto un’indagine basata sugli isotopi del piombo. Questo esame fornisce un’indicazione precisa del luogo d’origine del minerale, permette infatti di collegare una materia prima, e gli oggetti realizzati con questa, a un determinato giacimento. Mettendo in relazione il campione di rame con i dati relativi ai giacimenti di rame dell’Europa e del Mediterraneo, gli esperti hanno scoperto che l’ascia di Ötzi è stata fatta con il rame della Toscana meridionale.
“Questo risultato è del tutto inaspettato. Incaricheremo altri esperti di svolgere ulteriori analisi per confermare questi primi risultati”, afferma Angelika Fleckinger, sottolineando i nuovi interrogativi aperti da questa scoperta: Ötzi era un commerciante che si spinse fino ai dintorni dell’odierna Firenze? Come erano a quell’epoca i rapporti commerciali e i contatti culturali con il sud? Lo scambio di merci poteva influenzare anche lo spostamento di popolazioni, portando uomini del sud verso le Alpi e viceversa? “Le scoperte che fanno luce sullo sviluppo delle popolazioni sono sempre entusiasmanti”, conclude Albert Zink.
Ötzi non lavorava il rame?
Altro interrogativo molto dibattuto tra gli studiosi è se Ötzi fosse in qualche modo attivo nella lavorazione del rame. La domanda nasce dalle tracce di arsenico e rame rinvenute nei suoi capelli, elementi che potrebbero derivare dall’inalazione di fumo durante il processo di estrazione e colatura del metallo. Su questo aspetto ha lavorato il geochimico Wolfgang Müller, ricercatore della Royal Holloway University di Londra. Lo scienziato aveva già dimostrato mediante analisi basate sugli isotopi come Ötzi vivesse in queste valli. Grazie a nuove metodiche, come la spettrometria di massa con il laser e l’analisi di speciazione, il team di Müller ha esaminato non solo i capelli, ma anche la presenza di metalli pesanti in campioni di unghie, pelle e organi.
I suoi risultati – sebbene ancora preliminari – fanno pensare che sia prematuro ritenere Ötzi attivo nella lavorazione del rame. La ricerca di Müller ha evidenziato valori leggermente alti di arsenico nelle unghie, ma non negli altri tessuti. Date queste constatazioni, rimane incerta la possibilità di individuare con precisione sul corpo di Ötzi gli effetti dell’esposizione ai metalli pesanti quando era ancora in vita. Alcuni valori elevati potrebbero essere infatti riconducibili a condizioni ambientali sopravvenute nel corso dei 5000 anni successivi alla sua morte.
Esame radiologico con il nuovo apparecchio per la tomografia computerizzata (CT)
Nel 2013 i radiologi altoatesini Paul Gostner e Patrizia Pernter hanno realizzato una nuova tomografia computerizzata dell’Uomo venuto dal ghiaccio all’ospedale di Bolzano. Per questo esame hanno utilizzato un apparecchio CT di nuova generazione che, grazie a un’ampia apertura, ha permesso ai medici di scannerizzare Ötzi completamente dalla testa ai piedi, nonostante la posizione delle sue braccia. Oltre alla già nota arteriosclerosi, che interessava le arterie dell’addome e delle gambe, grazie alla migliore qualità delle immagini i due medici hanno evidenziato per la prima volta tre piccole calcificazioni in prossimità del tratto di efflusso cardiaco. Questa scoperta conferma la validità dei risultati ottenuti dai microbiologi di EURAC Research, ovvero la presenza di una forte predisposizione genetica allo sviluppo di malattie cardiocircolatorie, da identificare come principale causa della sua arteriosclerosi.
L’indagine di un “profiler”
Ötzi è stato assassinato. Lo dimostra la punta della freccia scoperta nel 2001 nella sua spalla sinistra. Ma in quali circostanze? Il Museo Archeologico dell’Alto Adige ha incaricato nel 2014 il commissario della polizia criminale di Monaco Alexander Horn di indagare sul caso con i più avanzati metodi criminologici. Horn ha interrogato “conoscenti” della vittima, per esempio archeologi del museo che da anni si occupano della mummia, esperti di medicina legale, radiologi e antropologi. Il team investigativo ha perlustrato il luogo del delitto in val Senales.
Questo il risultato dell’indagine: con buona probabilità Ötzi non si sentiva minacciato poco prima della sua morte.
La situazione sul luogo del ritrovamento, il giogo di Tisa, fa pensare infatti a una pausa con un ricco pasto. Nei giorni precedenti, però, Ötzi si era procurato una ferita da difesa alla mano destra, probabilmente in un corpo a corpo. La mummia non mostra altre ferite, quindi è possibile supporre che sia stato lui il vincitore di questo scontro. La freccia che lo ha colpito a morte è venuta da lontano e in modo inaspettato, quindi potrebbe far pensare a un gesto vile. Altre analisi mediche hanno mostrato come dopo la caduta di Ötzi non ci furono altri interventi violenti da parte dell’assassino. L’omicida avrebbe dunque scelto un agguato a distanza per evitare lo scontro diretto. Il ritrovamento di alcuni oggetti di valore sul luogo del delitto, come l’ascia di rame, fa pensare che il furto non possa essere un valido movente. A scatenare l’agguato sembra dunque sia stata una situazione di conflitto personale, “uno scontro precedente, una dinamica che del resto si evidenzia anche oggi nella grande maggioranza dei delitti” spiega Alexander Horn.
Il Dott. Marcello Melis della società Profilocolore è intervenuto durante la Conferenza con la presentazione dal titolo "Complete mapping of the tattoos of the 5300 years old Tyrolean Iceman" presentando i risultati della mappatura completa dei tatuaggi della mummia eseguita con tecniche di imaging multispettrale capaci di "vedere" nell'infrarosso e nell'ultravioletto.
Un particolare ed innovativo sistema sviluppato (HMI) basato su una fotocamera modificata e algoritmi avanzati di calibrazione, che permette di misurare ed elaborare la riflettanza spettrale campionata su sette bande nell'intervallo UV-VIS-NIR per ogni pixel della scena acquisita, ha permesso di identificare e certificare la presenza di 61 tatuaggi suddivisi in 19 gruppi in varie parti del corpo. La presenza dei tatuaggi e il loro preciso posizionamento sul corpo della mummia si rivelano utili per la analisi approfondita in rapporto con le recenti conoscenze acquisite scientificamente, per aiutare e determinare la vera funzione del tatuaggio in epoca preistorica.
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Fonte: Eurac