A 360° nel capolavoro di Giotto a Padova

A 360° nel capolavoro di Giotto a Padova

Fig. 1 -  Giotto, Giudizio Universale, particolare dell'Inferno (Cappella degli Scrovegni, Padova) © Haltadefinizione Image Bank | Su concessione di Musei Civici di Padova - Settore Cultura, Turismo, Musei e Biblioteche - Comune di Padova |

Il viaggio alla scoperta dei meravigliosi dettagli in altissima risoluzione della Cappella degli Scrovegni di Padova è stato digitalizzato in gigapixel da Haltadefinizione.

<<Credette Cimabue nella pintura/ tener lo campo, e ora ha Giotto il grido/ sì che la fama di colui oscura>> (Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio [Pg XI 94-96]) è il celebre passo di Dante per onorare la modernità di Giotto, un claim che illustra ai posteri l'immensità della sua opera e la Cappella degli Scrovegni in particolare, che, secondo il commento alla Commedia di Benvenuto da Imola, il poeta vide mentre Giotto la dipingeva. Il paragone è perciò più che mai attinente proprio al monumento pittorico visitato da Dante mentre veniva compiuto per Enrico Scrovegni, la Cappella consacrata nel 1305 e fatta erigere sui resti dell'arena romana, che Giotto e i suoi aiuti invasero letteralmente di affreschi, eseguiti nei due anni precedenti. Possono datarsi posteriormente e, cioé, dal 1306, infatti, solo i riquadri dell'arcone e dell'unica cappella absidale realizzata, il presbiterio, rispetto al modello originario con le cappelle del transetto (fig.2), che si può ammirare dipinto ai piedi del Giudizio Universale, mentre è offerto da Enrico Scrovegni e da un frate agostiniano - si riteneva fino al secolo scorso da Reginaldo (o Rinaldo) degli Scrovegni - alla Vergine, S. Giovanni Battista e S. Caterina d'Alessandria, cui è dedicato il piccolo altare sottostante.

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Fig. 2 - Giotto, Giudizio Universale, particolare con il progetto originario della Cappella degli Scrovegni con il transetto (Cappella degli Scrovegni, Padova) © Haltadefinizione Image Bank | Su concessione di Musei Civici di Padova - Settore Cultura, Turismo, Musei e Biblioteche - Comune di Padova |

Un'azzurra volta stellata determina nel complesso dei Musei Civici Eremitani lo spazio fra le pareti della Cappella che, guardando verso l'altare, dispiega le Storie della Vita della Vergine nel registro superiore sulla parete destra (parete Nord) e le Storie di Gioacchino ed Anna in quello sulla parete sinistra (parete Sud), mentre le Storie della Vita di Cristo appaiono nei due registri inferiori, i registri mediani sia della parete destra che della sinistra ed in basso tutt'intorno lo zoccolo a riquadri di finto marmo, intervallati a figure allegoriche a monocromo di Vizi e di Virtù, cardinali e teologali ed infine nella controfacciata il Giudizio Universale (fig.3), secondo lo schema a navata unica che sarà ancora quello della Sistina. Il Giudizio viene letteralmente svolto da due Arcangeli alla sommità della parete come fosse il rotolo della pergamena di un cartiglio, fingendovi la modalità dei manifesti figurati che illustravano la predicazione monastica itinerante nel Medioevo.

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Fig. 3 - Giotto, Giudizio Universale (Cappella degli Scrovegni, Padova) © Haltadefinizione Image Bank | Su concessione di Musei Civici di Padova - Settore Cultura, Turismo, Musei e Biblioteche - Comune di Padova | 

La naturalezza degli incarnati dei corpi, per i quali nelle scene dell'Inferno del Giudizio Universale Giotto e i suoi aiuti non si servirono solo di esempi statuari, ma di modelli viventi, raffigurano la nudità dei corpi dei dannati anatomicamente anche nei sessi, maschili e femminili, spesso torturati e che vogliono alludere perciò alla castità, la virtù che più di ogni altra vi è contrapposta al peccato di usura, nel cui girone infernale vennero cacciati dall'artista gli stessi padovani e dal quale il committente Scrovegni, il più ricco banchiere della città, intendeva redimersi, edificando lo scenario spirituale del più virtuoso dei cammini. La ricerca plastica e prospettica nelle scatole cubiche inquadrate di spigolo dei cosiddetti Coretti, sugli arconi dal lato opposto, è inoltre una delle principali suggestioni degli affreschi padovani (fig.4).

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Fig. 4 - Giotto, Coretto dell'arcone a destra ( Cappella degli Scrovegni, Padova), ICR

Le finte prospettive dei cori del transetto nei bracci, che non furono edificati per le critiche di eccesso di sontuosità mosse alla nuova chiesa da parte del Capitolo dei monaci agostiniani, ostentano in realtà il simbolismo ascetico di uno spazio architettonico interamente nudo e privo del colore di decorazioni, in cui sono dipinte anche le volte a crociera ad occupare il cielo ed ogni moto ascensionale alla sfera trascendente. L'architettura, misura dell'infinito, diventa l'orizzonte dei fedeli, colmando il cielo che nella scenografia greco-romana era riservato alla discesa della divinità fra gli spettatori nel teatro. Filippo Brunelleschi illustrerà più di un secolo dopo nel secondo esperimento delle tavolette prospettiche, che non sono pervenute, il suo metodo di raffigurarlo, che nella prima esperienza aveva liberamente lasciato riflettersi sulla tavoletta in un abile gioco di specchi. Leonardo porrà la figura umana al centro dei rapporti di distanza e grandezza, fino alla massima proiezione del punto di fuga alle sue spalle, ottenuta sfumandole intorno i colori del paesaggio in ragione della luce catturata dal mezzo dell'aria interposto, in quella che André Félibien, secoli dopo, definirà come la prospettiva aerea da lui inventata. Entrambi enunceranno anche teoricamente la prospettiva empirica di Giotto. Il linguaggio giottesco è ormai maturo ed è forse il più complesso, articolato e razionale messo in atto dal maestro dopo l'esperienza riminese, finendo per precipitare dal realismo cortese nella predicazione agostiniana dell'ordine degli Eremitani patavino e nell'intuitivo sentimento di elevazione nel raccoglimento della preghiera le due scenette gotiche, quando, agli albori del Trecento, l'Università di Padova era ancora priva degli studi teologici. Recenti analisi dell'iconografia salvifica del ciclo hanno teso ad individuare tra i suoi ispiratori, piuttosto che Pietro Abano, da sempre ritenuto l'ideatore dell'argomento astrologico degli affreschi giotteschi nel Palazzo della Ragione della stessa città, il frate che prima di morire diverrà a sua volta ancora un altro magister della Sorbona, l'agostiniano Alberto da Padova (Pisani 2008), più che mai sensibile al tema della forza purificatrice dell'amore del culto della grazia mariana nel risveglio della poesia sacra in volgare della laude e della sacra rappresentazione. Negli affreschi anche la naturalezza degli innumerevoli animali raffigurati, compresi i mitologici, rappresenta allegoricamente la rettitudine della morale gnostica illustrata dai bestiari medievali, tra i quali, forse il più antico, il Fisiologo, vi appare umanizzato dalle favole di Fedro e di Esopo, la cui tradizione avrebbe ormai raggiunto la profondità dell'universo francescano. Un autentico contraltare alla dimensione cortese, che le contrappone di fatto un genuino sentimento agreste della vita terrena e rende, in chiave cristologica, tutti gli animali come altrettanti simboli di redenzione nell'immensità della dottrina racchiusa da Giotto nello scrigno architettonico degli Scrovegni.

Oggi  l’intero ciclo di affreschi è stato acquisito da Haltadefinizione con tecnologia gigapixel su concessione del Comune di Padova, per rilevare l’intera superficie dipinta di oltre 700 metri quadrati, rilievo realizzato con un'imponente campagna fotografica per un totale di 14.000 scatti ed un anno di lavoro impiegato per l’elaborazione completa delle immagini. Un gemello virtuale incomparabile per la contemplazione e lo studio scientifico in presenza e da remoto delle pitture. Ora è finalmente possibile navigare negli incantevoli affreschi attraverso un visore multimediale a 360°, che offre una prospettiva nuova sul capolavoro di Giotto: grazie alle sofisticate tecniche di ripresa l’immagine può essere ingrandita decine di volte senza mai perdere definizione, cliccando sui singoli cerchietti al centro dei riquadri della ripresa generale della Cappella nel suo insieme.
Il visitatore potrà “entrare” virtualmente nella Cappella e selezionare l’affresco da scoprire in altissima definizione, eliminando limiti di altezza, distanze di sicurezza e tempistica nella visita dal vivo, anche per esplorare accuratamente e confortevolmente da casa, senza alcun apporto di danno antropico, in tutti i particolari e nel dettaglio un capolavoro unico, analizzando perfino ciò che dal vivo e ad occhio nudo, di fronte alle opere originali, sebbene con molte giornate di visita e col binocolo, non sarebbe possibile osservare a lungo. Una delle grandi potenzialità delle immagini in gigapixel è la possibilità di rendere accessibili in modo ravvicinato le opere d’arte più estese ed irraggiungibili, come nel caso di questo magnifico ciclo che nel registro superiore sviluppa quasi 13 metri d’altezza.
“La Cappella degli Scrovegni costituisce un nuovo importante traguardo per Haltadefinizione e si inserisce nel più ampio progetto di valorizzazione e accessibilità del patrimonio culturale italiano che abbiamo iniziato nel 2007 con l’Ultima Cena di Leonardo” racconta Luca Ponzio, fondatore della tech company. “Nel 2019 abbiamo siglato con il Ministero per i beni e le attività culturali un accordo per la valorizzazione e la promozione delle collezioni statali che ha portato importanti collaborazioni con la Galleria dell’Accademia di Firenze, la Pinacoteca di Brera e le Gallerie Nazionali di Arte Antica a Roma, per la valorizzazione e il monitoraggio delle collezioni. Ora siamo molto fieri di aggiungere il capolavoro di Giotto nel nostro database che si compone di oltre 600 immagini”.
Il tema della digitalizzazione e della sua applicazione in ambito culturale è sempre più attuale e numerosi musei italiani negli ultimi anni si sono avvalsi della collaborazione con Haltadefinizione per dare vita a iniziative di valore. Il digitale si propone come mezzo per rispondere alle molteplici esigenze di un museo, che spaziano dalla conservazione e il restauro alla valorizzazione e fruizione del patrimonio, fino alla comunicazione e alla didattica: in una parola la scienza della memoria, che fonda la più avanzata catalogazione.
Data la centralità dell’argomento nella programmazione, il Ministero della Cultura ha recentemente redatto il Piano per la digitalizzazione del patrimonio, che ha come obiettivo “rendere le azioni sinergiche e massimizzare i risultati per rispondere alle esigenze di ogni interlocutore e accrescere così l’efficacia delle politiche di valorizzazione del patrimonio culturale sul web”.
Una conferma di quanto l'iniziativa sia istituzionalmente strategica e fondamentale per documentare i beni culturali.

 

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