Penelope

Penelope

Una mostra all’insegna della leggerezza e dell’approfondimento, che è stata inaugurata al Foro Romano (Uccelliere Farnesiane al Palatino) dal titolo “Penelope”, semplice come un ordito, è un invito a reimmaginare l’eroina greca perfino nell’attualità. Il catalogo è un Index iconografico dell’immagine dell’eroina fino ai nostri giorni, ma è anche un invito a risalire la china del Palatino e a riscoprire la Casa di Livia Drusilla, che finalmente ha riaperto al pubblico. L’imperatrice romana, seconda moglie di Augusto, è il personaggio della storia dell’Impero Romano tra i più letterariamente idealizzati, come Penelope se non altrettanto.

La mostra, che sarà aperta fino al 12 gennaio 2025, è a cura di Alessandra Sarchi e Claudio Franzoni, con l’organizzazione e il catalogo di Electa. La rilettura del sogno al femminile esemplare della letteratura classica, esibita e pubblicata dal Parco Archeologico del Colosseo, sembra voglia far dimenticare con il suo spessore gli omaggi mondani, se non proprio le sfilate di moda, degli eventi che in questo secolo sono stati organizzati nell’area. A cominciare dalle colonne di plastica erette sul Tempio di Venere e Roma dell’imperatore Adriano in onore dello stilista Valentino nel 2007 e, per finire, l’architettura effimera delle vetrine in plexiglass ora della Libreria Electa, realizzate per le più recenti esibizioni del Parco, proprio sotto gli archi del Colosseo. Seguendo il filo narrativo delle innumerevoli fonti esposte ed illustrate dai curatori e dagli estensori del catalogo, nella mostra si parla di: “Penelope, ‘la più grande sognatrice della letteratura occidentale’, nel nostro immaginario legata a un ideale normativo della moglie fedele, saggia custode della dimora-reggia, patrona delle scuole di scrittura e di ricamo, diventa più fascinosa con le sue zone misteriose e nei suoi aspetti contraddittori, letti anche in chiave psicanalitica, astuta e sfidante rispetto allo status di oggettiva minorità in cui è relegata la figura femminile nella cultura greca, ponendo delle domande nel contesto di una riflessione attuale sul ruolo e sulla condizione sociale delle donne.”

E’ in mostra la statua mutila di Penelope dei Musei Vaticani (Museo Gregoriano) di età traianea, scavata nel 1792-93 da Robert Fagan nei pressi della Tomba di Claudia Semne, nella Vigna di S. Sebastiano sulla Via Appia antica, l’area forse più ricca di sepolture che la storia dell’impero romano ricordi, anche se le iscrizioni che vi furono ritrovate e che furono rilevate nel corso del Cinquecento da Pirro Ligorio non fanno più parte del suo paesaggio e della sua topografia, ingannando sulla localizzazione dei sepolcreti di I e II secolo, che, numerosi, erano distribuiti ai lati della Via Appia tra la basilica di S. Sebastiano e la chiesa del Domine quo vadis?

Proveniva dall’area catacombale e monasteriale, che in superficie si estendeva dov’era prima sorto il monumento delle Platonie, oggi un rudere accanto alla Basilica di S. Sebastiano, ritenuto forse nel Rinascimento la prima sepoltura di S. Pietro e S. Paolo. Che questa severa scultura, nonostante sia evidentemente mutila della testa, fosse velata, è reso esplicito dal lembo di stoffa che le scende sul collo, che esalta le doti di sposa fedele, sia della defunta che del modello omerico prescelto dal marito, Marcus Ulpius Crotonensis e dal figlio che le dedicarono il mausoleo.

Penelope 2Fig.2 Particolare della scultura di Penelope

Il fatto è che questa scultura ornata di un peplo, ricco di pieghe, che sembra aver impresso le sue curve al dinamismo di Umberto Boccioni, è seduta, invece che su uno sgabello, su un cesto dalla forma geometrica di un tronco di cono (fig.2), che allude alle capanne di paglia del colle Cermalus sul Palatino e alle zolle e ai sassi sacri della fondazione di Roma, oltre che alla tessitura e alle matasse dell’arte dell’intreccio, in cui primeggiava anche Elena, come ricorda l’autrice Alessandra Sarchi, tra i curatori della mostra. La coraggiosa Penelope illustrata dalla piccola e raccolta esposizione, divisa tra il Tempio di Romolo e le Uccelliere degli Orti Farnesiani, forte sognatrice, corrisponde ad un modello calzante un ideale femminile della donna, che fa da contrapposto a quello di Elena, compresa soprattutto nel sogno che gli uomini hanno di rapirla, la donna con la sua innocenza seduttrice, che è sempre ignara del proprio destino. Non meno amata dai Romani, più che la modestia esemplare della regina, è ritratta nella statua la Penelope rustica e domestica delle Eroidi di Ovidio, colta anche nell’attesa interminabile e senza alcuna notizia del compagno, oltre che dalle rappresentazioni del ritorno a Itaca dell’eroe Ulisse, come ha ricordato nella conferenza di apertura della mostra il curatore Claudio Franzoni. La Telegonia dell’antico ciclo epico conosciuta da Proclo (Piero Meogrossi, Incontri al Chiostro della Minerva, Centro Studi Roma 2023), quindi, in cui con gli incantesimi di Circe è anche Penelope a conquistare l’immortalità desiderata, la mira più autentica del poema ovidiano delle Metamorfosi, che ad Ovidio valsero l’esilio, la stessa sorte subita da Ulisse e da Tiberio.

Penelope 3Fig.3 - Foto Alinari dell’affresco di Polifemo e Galatea della Casa di Livia

La mostra, perciò, è anche un incantevole pretesto per rivisitare l’appartamento nel palazzo augustèo o Casa di Livia, la donna amata tanto da Augusto che da Ovidio, dove è ormai indecifrabile l’affresco di Polifemo e Galatea in fuga sull’ippocampo (fig.3), che nell’Ottocento, fotografato dai Fratelli Alinari, era ancora visibile e dove, forse, potremmo ritrovare, tra la simbologia apollinea e quella isiaca dell’anima, i festoni di frutta e le architetture dipinte in prospettiva, che incorniciano le scene, il sentimento magico, se non divino, del culto domestico della filatrice dell'età imperiale, l’’hortus conclusus’ frequentato dallo stesso Ovidio, che è un autentico giardino delle delizie nella Villa di Livia di Prima Porta, gli affreschi staccati ora al Museo Nazionale Romano.

Related Articles