Il progetto Bou-Ferrer è dedicato allo scavo e alla valorizzazione di una nave mercantile romana, naufragato nella metà del I secolo d.C. al largo della costa di Villajoyosa (Alicante, Spagna). Si tratta di una grande nave da commercio che trasportava un'importante partita di circa 2500 anfore, realizzate a Cadice, che contenevano alimenti come il garum.
Nel 2012, la Direzione Generale dei Beni Culturali, in collaborazione con il Comune di Villajoyosa, Vilamuseu e la Fondazione Generale dell'Università di Alicante, ha lanciato un progetto di ricerca all'avanguardia per la valorizzazione del patrimonio culturale subacqueo conducendo un campagna di scavo archeologico per ottenere più dati su lingotti di piombo a bordo della nave.
Questi piombi hanno una serie di contrassegni stampati (IMP. GER. AVG) che garantivano che i lingotti di piombo dal relitto Bou Ferrer non avessero un proprietario anonimo, ma appartenevano all'imperatore di Roma stessa. I prossimi scavi permetteranno di sapere chi era l'imperatore proprietario di questa merci: Caligola, Claudio o Nerone. Nel 2014 al progetto Pecio Bou-Ferrer ho aderito il team di ricerca Patrimonio Virtual dell'Università di Alicante, con due obiettivi: modificare il sistema di documentazione utilizzato in scavo subacqueo e, quando le informazioni sono sufficienti, eseguire una ricostruzione 3D della nave romana. In questo momento il progetto è in una prima fase in cui la documentazione tradizionale del sito subacqueo è stata sostituita utilizzando ortoimagini prodotte mediante la Fotogrammetria Digitale. Anche se questo metodo non è una novità nella documentazione terrestrre, in archeologia subacquea non è ancora un metodo molto diffuso.
I problemi che sorgono quando si applica questa tecnica in archeologia subacquea sono due: il primo riguarda la strategia di acquisizione fotografica, il secondo lo sviluppo del modello fotogrammetrico.
In questo casoLa posizione del relitto, a circa 25 metri di profondità, e la sua vicinanza alla costa fornisce visibilità comune di 2-4 metri, oltre a una gamma di colori che vanno dal blu scuro al verde oscuro. Questa gamma quasi monocromatica e la scarsa visibilità ha costretto il team di ricerca all'introduzione di target in numero sufficiente o obiettivi artificiali per ogni fotografia. Inoltre, il poco tempo a disposizione per i tecnici, ha richiesto di garantire che ogni servizio fotografico dovesse essere utile per la realizzazione del modello fotogrammetrico.
L'introduzione di una rete stabile di target, ancorata ad una struttura fissa di metallo, e una rete secondaria di target mobili sul relitto ha notevolmente facilitato l'efficacia delle fotografie, nonostante la ridotta visibilità durante le immersioni. Ottenere ortoimmagini ha permesso agli archeologi di rinunciare alla documentazione tradizionali ampliando notevolmente il tempo dello scavo. Inoltre, l'introduzione di ortoimmagini ha consentito un ordine maggiore nel lavoro di studio, in quanto la qualità dell'immagine consente una migliore identificazione. La creazione di modelli fotogrammetrici di tutta l'area scavata, circa 12 metri per 6, ha permesso agli archeologi di osservare per prima volta il sito in tutta la sua estensione.
Questa nuova visione ha permesso al team di coordinamento del progetto di ripensare e organizzare in modo più efficiente le campagne di scavo e pensare agli obiettivi futuri da raggiungere. I software utilizzati per realizzare i modelli fotogrammetrici sono stati PhotoScan di Agisoft, e in aggiunta, per il trattamento della maglia successiva, MeshLab e Blender. Essere riusciti a raggiungere la prima fase del lavoro, in sostituzione dei tradizionali sistemi di disegno per documentazione fotogrammetrica permette di iniziare presto una seconda fase della documentazione utilizzando le stesse tecniche per studiare l’architettura della nave e come essa sia affondata.
Ulteriori informazioni sul sito: www.patrimoniovirtual.com
Fonte: Patrimonio Virtual