Meccanismo di Anticitera nuove ricerche sul “computer” ellenistico

Meccanismo di Anticitera nuove ricerche sul “computer” ellenistico
Fig. 1 - Ruota motrice principale del meccanismo di Antikythera, credit: Museo Archeologico Nazionale di Atene, 2005

Antikythera è un'isoletta rocciosa, situata tra Creta e la Grecia continentale: nei primi del 1900 un gruppo di subacquei greci dell’ isola del Mediterraneo orientale di Simy erano alla ricerca di spugne naturali, quando a causa di una tempesta persero la rotta e fortuitamente scoprirono il relitto di un'enorme nave che all'epoca trasportava statue in bronzo ed in marmo.

Dopo la segnalazione alle autorità del ritrovamento, gli archeologi lavorarono sul relitto sino al settembre del 1901 e presso il Museo Archeologico Nazionale di Atene iniziarono i lavori di catalogazione e restauro (tra le sculture recuperate: l’Efebo di Anticitera che, con i suoi 1,96 metri di altezza, non corrisponde a modelli iconografici conosciuti e secondo alcuni studiosi potrebbe essere Perseo che tiene la testa della Gorgone uccisa o un giovane Eracle con il pomo delle Esperidi, per altri un Hermes erudito che declama e che tiene in mano un caduceo. Attribuito allo scultore Euphranor, resta un brillante prodotto della scultura in bronzo del Peleponesso.)

Tra i reperti che inizialmente erano sfuggiti all'attenzione, venne individuato un grumo delle dimensioni di un grande dizionario, uno strano oggetto che presentava tracce di corrosione ed era in buona parte inglobato in calcificazioni e sedimentazioni dovute ad animali marini. Inizialmente costituito da un unico blocco, si era poi frammentato in varie parti, rivelando ruote dentate di precisione in bronzo delle dimensioni di una moneta, molte delle quali con iscrizioni. Spyridon Stais nel 1902 esaminò alcuni frammenti e comprese subito che si trattava di un meccanismo complesso.

Era l’acme della tecnologia antica: la macchina di Anticitera, nota anche come il meccanismo di Antikythera - oggi conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Atene, insieme ad una sua ricostruzione riprodotta in tempi moderni -  è un oggetto composito, che ha sconcertato gli storici della scienza per più di centoventi anni, un vero e proprio computer analogico. Il relitto, a giudicare dalla ceramica facente parte del carico, fu fatto risalire alla cultura rodiota del I secolo a.C., secondo le conoscenze dell'epoca, poiché ingranaggi come questi non furono presenti nell'antica Grecia, o in qualsiasi altra parte del mondo, fino a molti secoli dopo il naufragio. Il ritrovamento generò un'interminabile controversia, molte furono le polemiche e le supposizioni: alcuni esperti sostenevano che i resti appartenessero ad un planetario, altri ad un astrolabio e nel corso dei decenni la massa originale fu divisa in 82 frammenti, lasciando ai ricercatori un puzzle diabolicamente difficile da ricostruire. Oggi si possiede una ragionevole comprensione di alcuni dei suoi meccanismi, ma ci sono ancora misteri irrisolti. Archeomatica nel Dicembre 2017, nella sezione International, ha dedicato un articolo al meccanismo di Antikythera: “The new findings from Antikythera mechanism” di Aristeidis Voulgaris, Andreas Vossinakis e Christophoros Mouratidis, uno studio che mira a indagare il calendario astronomico del quadrante della piastra frontale del suo meccanismo.

Nel Marzo 2021 una nuova analisi della macchina dell’ UCL Antikythera Research Team - Tony Freeth (matematico e regista); Adam Wojcik (scienziato dei materiali); Lindsay MacDonald (scienziato delle immagini); Myrto Georgakopoulou (archeometallurgista); e due studenti laureati, David Higgon (orologiaio) e Aris Dacanalis (fisico) - ha proposto presso l'University College di Londra un nuovo modello di funzionamento degli ingranaggi sulla parte anteriore della macchina. Lo studio è stato di recente pubblicato - Gennaio 2022 - su Scientific American.

 

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Fig. 2 - La parte anteriore e posteriore della Macchina di Antikytera, credit: Tony Freeth, Scientific American, Gennaio 2022   

I greci erano abili astronomi ad occhio nudo, guardavano il cielo notturno da una prospettiva geocentrica, ogni notte, mentre la Terra girava sul suo asse, vedevano la cupola di stelle che ruotava e le posizioni relative delle stelle rimanevano invariate, difatti vennero chiamate "stelle fisse". Si resero conto che corpi si muovevano sullo sfondo delle stelle e gli altri corpi in movimento, chiamati "erranti" a causa dei loro movimenti erratici, erano i pianeti. (Queste rotazioni sono chiamate cicli sinodici apparentemente anomale per gli scienziati dell’epoca e avvengono perché i pianeti orbitano intorno al sole e non come credevano gli antichi greci, alla Terra.)

Tutti i corpi astronomici in movimento hanno orbite apparentemente vicine al piano del moto della Terra intorno al sole, la cosiddetta eclittica, il che significa che tutti seguono più o meno lo stesso percorso attraverso le stelle. Prevedere le posizioni dei pianeti lungo l'eclittica era molto difficile per i primi astronomi e questo compito molto probabilmente era una delle funzioni primarie del meccanismo di Antikythera, insieme a quella di tracciare le posizioni del sole e della luna, che hanno movimenti variabili rispetto alle stelle.

Gran parte del design del meccanismo si basa sulla saggezza degli scienziati Babilonesi che registravano le posizioni quotidiane dei corpi astronomici su tavolette di argilla, rivelando che il sole, la luna e i pianeti si muovevano in cicli ripetuti. Il meccanismo di Antikythera infatti utilizza diverse relazioni di periodo, calcolo di origine babilonese.

Il filologo tedesco Albert Rehm fu il primo a capire che 'Antikythera' era una macchina calcolatrice. Tra il 1905 e il 1906 fece scoperte cruciali, che registrò nei suoi appunti di ricerca senza pubblicarle. Trovò Il numero 19 iscritto su uno dei frammenti di Antikythera: un chiaro riferimento alla relazione del periodo di 19 anni della luna nota come ciclo metonico, dal nome dell'astronomo greco Meton, ma scoperto molto prima dai Babilonesi. Sullo stesso frammento, Rehm trovò i numeri 76 - un perfezionamento greco del ciclo di 19 anni - e 223, per il numero di mesi lunari, in un ciclo di previsione dell'eclissi babilonese chiamato ciclo di Saros. Erano i cicli astronomici ripetitivi che furono la forza trainante dell'astronomia predittiva babilonese.

La seconda figura chiave nella storia della ricerca di Antikythera fu il fisico britannico, diventato storico della scienza, Derek J. de Solla Price. Nel 1974, dopo 20 anni di ricerca, pubblicò un importante documento, "Gears from the Greeks", con riferimento a notevoli citazioni del giurista, oratore e politico romano Cicerone (106-43 a.C.). Una di questa citazioni descriveva una macchina realizzata dal matematico e inventore Archimede (circa 287-212 a.C.E.), un dispositivo che captava i divergenti movimenti e le diverse velocità del sole, della luna e delle cinque stelle chiamate “vagabonde” (gli allora cinque pianeti). La macchina descritta ricorda proprio il meccanismo di Antikitera ed il passaggio suggerisce che Archimede, sebbene sia vissuto prima che il dispositivo fosse costruito, potrebbe aver fondato la tradizione che ha portato alla nascita del noto meccanismo. Vi è infatti la possibilità che il meccanismo di Antikythera fosse basato proprio su un progetto di Archimede. Nel De Re Publica, nelle Tusculanae Disputationes e nel De Natura Deorum, Cicerone aveva fatto quindi riferimento ai planetari in bronzo costruiti da Archimede che mostravano la Terra, la Luna, il Sole, il mese lunare e le eclissi, portati a Roma, dopo il saccheggio di Siracusa e la morte di Archimede nel 212 a.C., dal generale romano Marco Claudio Marcello.

Per decenni i ricercatori hanno tentato di decifrare il funzionamento del dispositivo osservando la superficie dei suoi frammenti disintegrati, ma all'inizio degli anni '70 finalmente riuscirono ad esaminare l’interno del meccanismo. Price lavorò con il radiologo greco Charalambos Karakalos per ottenere radiografie dei frammenti, furono trovati 30 ingranaggi distinti: 27 nel frammento più grande e uno ciascuno negli altri tre. Karakalos, con sua moglie Emily, fu in grado di stimare per la prima volta il numero di denti degli ingranaggi, un passaggio fondamentale per capire cosa calcolasse il meccanismo.

 

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Fig. 3 - Grafica di Tony Freeth e Jen Christiansen, Modello del UCL Antikythera Research Team

Le scansioni a raggi X erano bidimensionali, il che significava che la struttura degli ingranaggi appariva appiattita e in molti esiti rivelava solo immagini parziali degli ingranaggi, ma nonostante queste parziali deformazioni, Price, spinto da una caratteristica prominente sulla parte anteriore del meccanismo, chiamata ruota motrice principale, identificò un insieme di ingranaggi collegati: un treno di ingranaggi che iniziava con una ruota dentellata di 38 denti (due volte 19, poiché un ingranaggio con solo 19 denti sarebbe stato un po' troppo piccolo), che ne azionava (tramite altri ingranaggi) un altro da 127 denti (metà di 254: il numero completo avrebbe richiesto un ingranaggio troppo grande).

Come accennato in precedenza, sembra che il dispositivo fosse utilizzato per prevedere le posizioni del sole, della luna e dei pianeti in un giorno specifico nel passato o nel futuro. Un utente potrebbe quindi semplicemente girare una manovella sull'intervallo di tempo desiderato per vedere le previsioni astronomiche. Il meccanismo mostrava posizioni, ad esempio, su un "quadrante zodiacale" nella parte anteriore del meccanismo, dove l'eclittica era divisa in una dozzina di sezioni di 30 gradi che rappresentavano le costellazioni dello zodiaco. Price determinò correttamente le posizioni relative dei principali frammenti e definì l'architettura generale della macchina, con quadranti della data e dello zodiaco nella parte anteriore e due grandi sistemi di quadrante nella parte posteriore. I risultati di Price furono un passo significativo nella decodifica del mistero di Antikythera.

Una terza figura chiave nella storia della ricerca di Antikythera è Michael Wright, ex curatore di ingegneria meccanica al Museo della Scienza di Londra. In collaborazione con il professore australiano di informatica Alan G. Bromley, Wright svolse nel 1990 un secondo studio utilizzando la tomografia assiale - prima tecnica a raggi X 3-D - ma Bromley morì prima che questo lavoro portasse i suoi frutti. Wright continuò il suo studio facendo importanti progressi: identificò il numero cruciale dei denti degli ingranaggi e comprese il quadrante superiore sul retro del dispositivo.

Il terzo studio radiografico - pubblicato su Nature nel 2006 - completò la  comprensione del retro del meccanismo e fu condotto nel 2005 da un gruppo di accademici inglesi e greci in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale di Atene. X-Tek Systems (ora di proprietà di Nikon) sviluppò un prototipo di macchina a raggi X per acquisire immagini a raggi X 3D ad alta risoluzione utilizzando la tomografia computerizzata a raggi X microfocus (TC a raggi X). Hewlett-Packard utilizzò una brillante tecnica di imaging digitale, chiamata mappatura della trama polinomiale, per migliorare i dettagli delle superfici: i nuovi dati furono sorprendenti. Il meccanismo prevedeva le eclissi oltre ai moti dei corpi astronomici; una scoperta collegata all'iscrizione che aveva trovato Rehm e che menzionava i 223 mesi del ciclo di eclissi di Saros. I nuovi raggi X rivelarono un grande ingranaggio di 223 denti nella parte posteriore del meccanismo atto a far girare una lancetta intorno a un quadrante che si estende a spirale, compiendo quattro giri in totale, divisi in 223 sezioni, per 223 mesi. Il quadrante Saros, chiamato così come il nome abituale del ciclo delle eclissi babilonesi predice quali mesi saranno caratterizzati da eclissi, insieme alle caratteristiche di ciascuna. La scoperta rilevò una nuova caratteristica del dispositivo, ma lasciò in sospeso un enorme problema: che funzione avevano un gruppo di quattro ingranaggi all'interno della circonferenza?

Dopo mesi e mesi di studio questi ingranaggi risultarono calcolare il moto variabile della luna. La luna ha un moto variabile perché ha un'orbita ellittica: quando è più lontano dalla Terra, si muove più lentamente contro le stelle; quando è più vicino, si muove più velocemente. L'orbita della luna, però, non è fissa nello spazio: l'intera orbita ruota in poco meno di nove anni. Gli antichi greci non conoscevano le orbite ellittiche, ma spiegarono il sottile movimento della luna combinando due movimenti. Wright studiò due dei quattro misteriosi ingranaggi sul retro del meccanismo e notò che uno di essi aveva un perno sulla faccia che si agganciava con una fessura sull'altro ingranaggio e che gli ingranaggi ruotavano su assi diversi separati da poco più di un millimetro, il che significava che il sistema generava un movimento variabile.

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 Fig. 4 -  Ruota motrice principale del meccanismo di Antikythera, foto scattata dal team di Archeomatica al Museo Archeologico Nazionale di Atene

Gli assi degli ingranaggi non sono fissi, ma sono montati in modo epicicloidale sul grande ingranaggio da 223 denti. Wright scartò l'idea che questi ingranaggi calcolassero il moto variabile della luna perché nel suo modello, l'ingranaggio da 223 denti girava troppo velocemente perché avesse un senso. Nel nuovo modello, realizzato da Tony Freeth e dal suo team, l'ingranaggio da 223 denti ruota molto lentamente per girare la lancetta del quadrante Saros. Calcolare la teoria epiciclica della luna con ingranaggi epiciclici a perni e scanalature era molto probabilmente una concezione straordinaria degli antichi greci e rafforzerebbe l’idea che la macchina fosse progettata da Archimede.

LA PARTE ANTERIORE DEL MECCANISMO

La caratteristica più evidente della parte anteriore del frammento più grande è la ruota motrice principale, progettata per ruotare una volta all'anno: non è un disco piatto come la maggior parte degli altri ingranaggi, ma ha quattro raggi che sostengono cuscinetti e fori circolari e che servivano per girare gli assi. Il bordo esterno dell'ingranaggio contiene un anello di pilastri, piccole dita che si alzano perpendicolarmente, con spalle ed estremità forate che erano chiaramente destinate a portare piastre. Quattro pilastri corti, invece, reggevano una piastra rettangolare e quattro pilastri lunghi ne reggevano una circolare.

Seguendo Price, Wright propose un esteso sistema epicicloidale: l'idea che i due cerchi che i Greci usavano per spiegare gli strani moti inversi dei pianeti fosse stato montato sulla ruota motrice principale. Wright costruì un vero e proprio sistema di ingranaggi in ottone per mostrarne il funzionamento, nel 2002 pubblicò anche un modello di planetario innovativo per il meccanismo di Antikythera, che mostrava tutti e cinque i pianeti conosciuti nel mondo antico (la scoperta di Urano e Nettuno nel XVIII e XIX secolo, rispettivamente, richiese l'avvento dei telescopi). Mostrò che le teorie epicicliche potevano essere tradotte in treni di ingranaggi epiciclici con meccanismi a perni e fessure per visualizzare i movimenti variabili dei pianeti.

Il modello di Wright presentava otto uscite coassiali - tubi tutti centrati su un singolo asse - che portavano informazioni al display frontale del dispositivo. Era davvero plausibile che gli antichi greci potessero costruire un sistema così avanzato? il suo sistema di ingranaggi non corrispondeva all'economia e all'ingegnosità dei noti treni di ingranaggi. La sfida che il team dell’ UCL ha dovuto affrontare è stata quella di riconciliare le uscite coassiali di Wright con le conoscenze che avevano a disposizione sul resto del dispositivo. Un indizio cruciale è apparso dallo studio TC a raggi X del 2005, che, oltre a mostrare gli ingranaggi in tre dimensioni, hanno rivelato migliaia di nuovi caratteri di testo nascosti all'interno dei frammenti. Nelle sue note di ricerca dal 1905 al 1906, Rehm aveva proposto che le posizioni del sole e dei pianeti fossero visualizzate in un sistema concentrico di anelli; il meccanismo originariamente aveva due coperchi, anteriore e posteriore, che proteggevano i display e includevano ampie iscrizioni. L'iscrizione sul retro, rivelata nelle scansioni del 2005, era un vero e proprio manuale utente per il dispositivo. Nel 2016 Alexander Jones, professore di storia dell'astronomia alla New York University, scoprì che la prova definitiva dell'idea di Rehm era all'interno di questa iscrizione: una descrizione dettagliata di come il sole e i pianeti siano stati visualizzati in anelli, con perline di riferimento per mostrare le loro posizioni.

Qualsiasi modello per il funzionamento del meccanismo dovrebbe corrispondere a questa descrizione, una spiegazione letteralmente iscritta sulla copertina posteriore del dispositivo che descrive come il sole e i pianeti sono stati visualizzati. Eppure i modelli precedenti non erano riusciti a incorporare questo sistema ad anello a causa di un problema tecnico. Wright aveva scoperto che il dispositivo utilizzava una sfera semilunare per mostrare la fase della luna, che calcolava meccanicamente sottraendo un input per il sole da un input per la luna, ma tale processo sembrava essere incompatibile con un sistema ad anello per la visualizzazione dei pianeti, perché le uscite per Mercurio e Venere impedivano al dispositivo per le fasi lunari di accedere all'input dal sistema di ingranaggi del sole. Nel 2018 Higgon, uno degli studenti laureati del team UCL, ebbe un'idea, risolse ordinatamente questo problema tecnico e spiegò un misterioso blocco forato su uno dei raggi della ruota motrice principale. Questo blocco probabilmente serviva a trasmettere la rotazione del "sole medio" (al contrario della rotazione variabile del "sole vero") direttamente al dispositivo per le fasi lunari. Questa configurazione - un sistema di anelli - rifletteva pienamente la descrizione nell'iscrizione sul retro della copertina.

Nel tentativo di decifrare la parte anteriore del dispositivo bisognava identificare i cicli planetari incorporati nel meccanismo, importanti per definire come i treni di ingranaggi calcolassero le posizioni planetarie, e ricerche precedenti presumevano che si sarebbero basati sulle relazioni del periodo planetario derivate dai Babilonesi, ma nel 2016 Jones fece un'altra scoperta che costrinse a scartare questa ipotesi. La TAC a raggi X dell'iscrizione in copertina mostrava la divisione in sezioni per ciascuno dei cinque pianeti. Nella sezione Venere, Jones trovò il numero 462 e nella sezione di Saturno trovò il numero 442. Nessuna ricerca precedente aveva suggerito che gli antichi astronomi li conoscessero, in effetti essi rappresentavano relazioni periodiche più accurate di quelle trovate dai Babilonesi (289 cicli sinodici in 462 anni per Venere e 427 cicli sinodici in 442 anni per Saturno).

Jones non capì subito come gli antichi greci derivassero entrambi questi periodi, ma Dacanalis, un altro studente laureato dell ‘UCL assemblò una lista completa delle relazioni dei periodi planetari e dei loro errori stimati dall'astronomia babilonese. Il ritrovamento di un processo, sviluppato dal filosofo Parmenide di Elea (dal sesto al quinto secolo a.C.) e riportato da Platone (dal quinto al quarto secolo a.C), servì per combinare le relazioni di periodo conosciute per ottenere quelle migliori.

Con certezza qualsiasi metodo utilizzato dai creatori di Antikythera avrebbe richiesto tre criteri portanti: accuratezza, fattorizzabilità ed economia, il metodo doveva essere accurato per corrispondere alle relazioni di periodo conosciute per Venere e Saturno, e doveva essere fattorizzabile in modo che i pianeti potessero essere calcolati con ingranaggi abbastanza piccoli da entrare nel meccanismo. Per rendere il sistema economico, diversi pianeti avrebbero potuto condividere gli ingranaggi se le loro relazioni di periodo avessero condiviso fattori primi, riducendo il numero di ingranaggi necessari e tale economia era una caratteristica chiave dei treni di ingranaggi sopravvissuti. Sulla base di questi criteri, il Team ha derivato i periodi 462 e 442 utilizzando l'idea di Parmenide e ha impiegato gli stessi parametri per scoprire i periodi mancanti per gli altri pianeti, dove le iscrizioni sono andate perdute o danneggiate. Grazie alle relazioni dei periodi per i pianeti, hanno compreso come inserire i treni di ingranaggi per i pianeti negli stretti spazi disponibili. Per Mercurio e Venere, il Team ha teorizzato meccanismi economici a cinque ingranaggi con dispositivi pin-and-slot, simili ai meccanismi di Wright e la prova a sostegno della ricostruzione è stata fornita da un frammento di quattro centimetri di diametro. All'interno di questo pezzo, la TAC a raggi X  ha mostrato un disco attaccato a un ingranaggio da 63 denti, che girava in una piastra a forma di D e il numero 63 condivide i fattori primi 3 e 7 con 462 (il periodo di Venere). Un treno di ingranaggi che utilizzava l'ingranaggio a 63 denti potrebbe essere stato progettato per corrispondere a cuscinetto su uno dei raggi della ruota motrice principale. Un design simile per Mercurio corrispondeva alle caratteristiche sul raggio opposto.

Per gli altri pianeti conosciuti - Marte, Giove e Saturno - il Team ha concepito sistemi molto compatti per adattarsi allo spazio disponibile. Christián C. Carman dell'Università Nazionale di Quilmes in Argentina, lavorando in modo indipendente, dimostrò come il sottile sistema di ingranaggi indiretti per il movimento variabile della luna poteva essere adattata anche ai pianeti.

L’UCL Antikythera Research ha dimostrato che questi sistemi di ingranaggi possono essere estesi per incorporare le nuove relazioni d'epoca per i pianeti, inoltre questo sistema avrebbe permesso ai costruttori di Antikythera di montare diversi ingranaggi sulla stessa piastra e progettarli in modo che corrispondessero precisamente alle relazioni di periodo. Gli economici treni di sette ingranaggi potevano intrecciarsi tra le piastre sui pilastri della ruota motrice principale, in modo che le loro uscite fossero conformi al consueto ordine cosmologico dei corpi celesti - Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno - che determinava la disposizione del sistema di anelli. Le dimensioni degli spazi disponibili tra le piastre erano esattamente giuste per ospitare questi sistemi, con una certa capacità di riserva e alcune prove ancora inspiegabili.

Lo studio ha aggiunto un meccanismo per il moto variabile del sole e un meccanismo epiciclico per calcolare i "nodi" della luna - punti in cui l'orbita della luna taglia il piano dell' eclittica - rendendo possibile un'eclissi e le eclissi avvengono solo quando il sole è vicino a uno di questi nodi durante la luna piena o nuova. Gli astronomi medievali e rinascimentali chiamavano "mano di drago" un puntatore a doppia punta per i nodi della luna, inoltre, l'ingranaggio epicicloidale di questa mano di drago spiegava esattamente anche un cuscinetto prominente su uno dei raggi che prima sembrava non avere alcuna funzione.

Lo studio in questione ha ulteriormente arricchito la comprensione del noto meccanismo: il display frontale corrispondeva alla descrizione nel manuale d'uso sul retro della copertina, con il sole e i pianeti mostrati da perline su anelli concentrici, la fase, la posizione e l'età della luna (il numero di giorni dalla luna nuova), e la lancetta del drago gli anni delle eclissi con le stagioni.

Con gli anelli concentrici per i pianeti, gli studiosi hanno dato un senso anche all'iscrizione della copertina anteriore, che riporta una lista formulaica degli eventi sinodici di ogni pianeta (come le sue congiunzioni con il sole e i suoi punti stazionari) e gli intervalli in giorni tra essi: sulla piastra posteriore, le iscrizioni delle eclissi sono indicizzate alle marcature sul quadrante del Saros; sulla piastra anteriore, le iscrizioni relative alle alzate e ai tramonti delle stelle sono indicizzate al quadrante dello Zodiaco.

L’ intuizione del Team è stata quella di verificare che le iscrizioni sulla parte anteriore potessero riferirsi alle lettere di indice sugli anelli planetari: se il puntatore del sole è ad una di queste lettere, quindi la voce corrispondente dell'iscrizione descrive il numero di giorni mancanti al prossimo evento sinodico. Poiché il lato sinistro dell'iscrizione, dove ci si aspetta di trovare queste lettere indice, è carente, non vi è possibilità di provare l'ipotesi, ma la spiegazione e la descrizione che il gruppo di ricerca ha generato potrebbe essere convincente.

Il dispositivo è unico tra le scoperte del suo tempo e riscrive da solo la nostra conoscenza della tecnologia utilizzata degli antichi greci. Il primo meccanismo con ingranaggi di precisione conosciuto è una meridiana e un calendario di origine bizantina relativamente semplici, ma impressionanti per il tempo, risalenti a circa il 600 d.C. Il meccanismo di Antikythera, con i suoi ingranaggi di precisione con denti lunghi circa un millimetro, è completamente diverso da qualsiasi altro strumento del mondo antico. Perché ci sono voluti secoli prima che gli scienziati reinventassero qualcosa di così sofisticato come il dispositivo di Antikythera, e perché gli archeologi non hanno scoperto altri meccanismi simili? Si hanno forti ragioni per credere che questo oggetto non possa essere stato l'unico modello del suo genere e con certezza ci siano stati precursori del suo sviluppo. Il bronzo era un metallo molto prezioso, e quando un congegno come questo smetteva di funzionare, probabilmente veniva fuso per i suoi materiali, cosicché solo un naufragio potrebbe essere in prospettiva un'evenienza di trovarne di altri. Molte sono le lacune nella documentazione storica e scoperte future potrebbero sorprendere altrettanto, ma la ricerca di Antikythera dell'UCL è sicuramente un progresso significativo a fronte di un'enorme perdita di prove.

 Fonte: Scientific American


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