La Villa di Livia. Un percorso di ricerca di archeologia virtuale a cura di Maurizio Forte

La Villa di Lidia. Maurizio Forte

Edito da L’«Erma» di Bretschneider nel 2007 nella prestigiosa collana ‘Bibliotheca Archaeologica’, questo brillante volume, intitolato “La Villa di Livia. Un percorso di ricerca virtuale” a cura di Maurizio Forte, forse a maggior ragione ora, a distanza di quasi quindici anni dalla sua pubblicazione, si presenta in tutta la portata della sua novità.

E’, infatti, quasi una pietra miliare sul campo, ormai estesissimo, delle ricostruzioni virtuali di siti archeologici o, con termine forse desueto, di anastilosi archeologica, che ha avuto un ruolo da ‘influencer’ e di fiancheggiamento determinante nel recupero ad area museale del sito romano della Villa di Livia sulla via Flaminia, o Villa dei Cesari, tra i più celebri dell’antichità.

A pochi anni di distanza dal Progetto europeo Archeoguide 2002 del sito greco di Olimpia, sulla scia del quale la rivista Archeomatica ha fondato i propri presupposti, prendendo le mosse in quegli stessi anni, il progetto di ricerca coordinato in questa pubblicazione da Maurizio Forte, ma che si avvale della collaborazione di molti altri autori, si colloca sulla linea di applicazione di risultati di risorse tecnologiche sul piano scientifico, senza dimenticare la fruizione del bene, che è al centro della disseminazione anche divulgativa che ne è scaturita: non solo di georeferenziazione, studio del territorio e modellazione architettonica, ma anche della più attrattiva animazione con avatar, più tipica del playgame cosiddetto di Second life, in tutto e per tutto praticabile espositivamente, corredato com’è da un CD-ROM del Museo Virtuale della Via Flaminia antica.

Un discorso di realtà virtuale ormai più che compreso - e ad opera di Forte praticato nel 2002 sulla Cappella degli Scrovegni a Padova - da tutti i musei in ogni angolo della terra, che siano orientati ad una proposta di visita ad un pubblico a sua volta anche selettivo dei percorsi espositivi.

Sotto il profilo dell’indagine storica il libro è un invito a visitare il museo con i suoi strumenti, reimmaginando il sito com’era quando fu edificata la villa, che è l’aspetto non solo realistico, ma soprattutto contemplativo di ogni turista e a farlo con un bagaglio di conoscenze esatte, se non azzardate, cioé spinte fino ad individuarne sviluppi ed ipotesi di ricerca prima insondati. Un percorso come questo non sarà scevro da errori, ma si colloca in un tessuto ricostruttivo fondamentale, che si è avvalso della connettività, non solo di rete: far vedere il monumento a chiunque voglia entrarvi in una dinamica comparata delle strutture ed in parallelo ad altri monumenti assimilabili dal modello cibernetico, come la Domus di Trebius Valens a Pompei e la Villa di Poppea ad Oplontis, ricreando un tracciato architettonico cronologicamente evolutivo attraverso i primi secoli del Primo Millennio, fino al suo decadimento successivo, nel ‘mindscape’: un paesaggio che sia stato autentico sostrato della vita economica in cui sorgeva la villa sulle sponde del Tevere. Non una proiezione, quindi, ma una prospezione in realtà virtuale storicamente documentata e pianificata, con tutti i fattori di impatto dei più avanzati criteri di ricerca di una base di dati del rischio sottostante alle perimetrazioni e musealizzazioni: analisi chimica dei materiali, carta idrogeologica e rilievo urbano tra gli altri, oltre che pulitura dei reperti di scavo. Una cronistoria, d’altra parte, della devastazione della campagna romana a Prima Porta, seconda solo alla panflettistica e capillare denuncia di Antonio Cederna della cronica carenza di tutela della via Appia Antica.

Le fonti di riferimento sono state non solo Vitruvio, Plinio, in uno dei libri della Naturalis Historia (XV, 136-137) dedicati alle piante, Columella e le fonti medievali, ma anche la letteratura del Seicento, come Giovan Pietro Bellori, che attestano come l’area d’interesse fosse perlustrata molto prima degli anni 1863 e 1864, in cui il sito della Villa di Livia a Prima Porta fu scavato sistematicamente su iniziativa del conte Francesco Senni, affittuario della tenuta del Capitolo di S. Maria in Via Lata. Anche il sito di Saxa Rubra, esplicita allusione ad un sepolcreto, la Tomba dei Nasonii, sorgeva nella tenuta augustèa della Via Flaminia fino alle porte di Roma, e denominata al IX miglio ‘Ad gallinas albas’: secondo la topografia, la descrizione ed il racconto di Plinio Secondo del presagio di fertilità di una gallina bianca, lasciata cadere in grembo a Livia Drusilla da un’aquila, in seguito al quale Ottaviano Augusto assicurò, sposandola lui stesso in terze nozze, la discendenza sul trono imperiale al figlio adottivo Tiberio Claudio Nerone.

Com’è noto gli affreschi con le prospettive di un giardino, tra gli alberi da frutta raffigurati sulle quattro pareti il mitico alloro pliniano (Fig.1), della Sala o Ninfeo sotterraneo con volta a botte della villa, staccati negli anni Cinquanta del secolo scorso, sono conservati nel Museo Nazionale Romano, detto di Palazzo Massimo alle Terme, ma altri mosaici e affreschi sono visibili in loco e appaiono nel testo in realtà virtuale, fino alla collimazione degli apparati decorativi di III-IV stile pompeiano di interi ambienti della villa.

 

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Fig.1- Ninfeo sotterraneo della Villa di Livia (Museo Nazionale Romano detto di Palazzo Massimo, Roma; dettaglio degli affreschi staccati)

 

Gli ambienti sotterranei della Villa di Livia erano stati visitati anche dai pittori del Rinascimento: non è un caso che Domenico Ghirlandaio affrescasse un boschetto popolato di uccelli nel Cenacolo di Ognissanti (Fig.2), abbassando l’orizzonte oltre la spalliera in modo da rendere a cielo aperto le sole chiome degli alberi.

 

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Fig.2 - Domenico Ghirlandaio, Cenacolo del Refettorio del Convento (Chiesa di Ognissanti, Firenze)

Corresse la prospettiva del giardino segreto (Fig.1), astraendo dalla distesa erbosa dell’affresco romano sopra la transenna, e restituendone in maggior parte l’alto zoccolo sopra il livello della pavimentazione, interpretato nel contesto di antico luogo di culto: è forse questo il più antico ‘mindscape’ della misteriosa rovina tra le ‘mirabilia’ di Roma.

E’ intuitivo che soprattutto nella memoria di questo affresco Ghirlandaio, ma anche in quella della Primavera agli Uffizi Botticelli, entro la cerchia dei pittori chiamati da Francesco della Rovere, il pontefice Sisto IV, alla Cappella Sistina, attingessero dal paesaggio romano una qualche curiosità del rudere sulla cima di un dosso all’incrocio tra la via Flaminia e la via Veietana, e degli imperatori, tra i quali l’imperatrice Livia, vissuta nell’era cristiana, di cui avevano parlato molti storici: Cassio Dione, Tacito e Svetonio. Ma è certo che la loro ammirevole interpretazione non avvenisse indipendentemente dall’alveo umanistico di recupero dell’antico e della fonte pliniana nel volgarizzamento di Cristoforo Landino della Naturalis Historia, dato alle stampe a Venezia nel 1476.

E’ in questo lavoro di Maurizio Forte che è posto l’accento, sottolineato dalle iniziative dei Musei Vaticani, sul fatto che la statua dell’Augusto di Prima Porta (Musei Vaticani) fosse policroma, quando vi fu estratta nel 1863 dall’accesso ai sotterranei, dove fu trovata a testa in giù come fosse stata gettata da tombaroli in fuga di un passato anche molto lontano: sono annoverabili non soltanto le spoliazioni naziste nel territorio, ma anche quelle delle truppe dei Lanzinecchi nel Sacco di Roma.

Un intero capitolo è stato dettagliato da Claudio Parisi Presicce sulla famosa scultura, che era stata prelevata nella Villa di Livia, nel catalogo della mostra ‘Augusto’ svoltasi nel 2013 e i Musei Vaticani le hanno dedicato più di un’esposizione. Il rilievo della lorìca, la corazza della statua di Augusto (Fig. 3) è scolpito sul pettorale con la scena di un carro, al quale probabilmente si deve la fortuna del soggetto dell’Aurora negli affreschi di Guercino e di Guido Reni, alla luce dei quali può essere interpretato: sovrasta il carro il mezzo busto del dio Crono e lo precedono l’Ora alata danzante che sorregge il simbolo di pace di un'anfora, e alle sue spalle l’effigie di Lucifero con una face. 

 

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  Fig. 3 - Carro dell’Aurora, corazza dell’Augusto di Prima Porta (Musei Vaticani, particolare).

 

 


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