Tour virtuali, AR e gemelli digitali cambiano l’accesso alla cultura
Due progetti innovativi sviluppati in Australia Occidentale mostrano come le tecnologie immersive possano rendere il patrimonio più accessibile, coinvolgente e sostenibile, dentro e fuori i luoghi fisici.
Mentre l'accesso ai siti culturali rimane spesso legato alla presenza fisica, le tecnologie immersive stanno modificando il modo in cui il patrimonio viene fruito. Tour panoramici a 360°, realtà aumentata (AR) e gemelli digitali stanno aprendo nuovi canali per coinvolgere il pubblico, soprattutto quello impossibilitato a muoversi. Il COVID-19 ha accelerato questa trasformazione, costringendo musei e istituzioni a cercare modalità alternative per mantenere l’interesse vivo. In questo contesto, un recente studio pubblicato da Hafizur Rahaman (Curtin University, Perth), Davide A. McMeekin (Curtin University, Perth), Thor Kerr (Curtin University, Perth) e Erik Champion (University of South Australia, Adelaide) su Heritage 2025, 8(9), 378 analizza due casi studio sviluppati in Australia Occidentale: il Understory Art and Nature Trail, a Northcliffe, e il Subiaco Hotel, edificio storico nel cuore di Perth. Entrambi i progetti dimostrano come strumenti digitali accessibili possano rendere il patrimonio culturale più inclusivo, interpretativo e duraturo.
Il primo caso riguarda il Understory Trail, un sentiero immerso nella natura che ospita installazioni artistiche contemporanee permanenti. Qui, la sfida era duplice: valorizzare un ambiente remoto e rendere accessibile l’esperienza artistica anche a distanza. Per questo progetto, è stato realizzato un tour virtuale a 360° distribuito su Google Street View, integrando immagini in alta risoluzione (8K), geolocalizzazione manuale con dispositivi GPS (Garmin eTrex) e contenuti in realtà aumentata. Inoltre, sono stati utilizzati gemelli digitali a basso costo per replicare virtualmente alcune installazioni.
Al contrario, il secondo caso studio – il Subiaco Hotel, edificio di interesse storico-statale – si è concentrato sulla valorizzazione del patrimonio architettonico urbano. Il tour, sviluppato con la piattaforma 3DVista, unisce fotografie a 360° scattate con una Ricoh Theta X e contenuti multimediali integrati: fotografie storiche, disegni originali e narrativa audio che arricchisce l’esperienza immersiva.
Entrambi i progetti hanno seguito un workflow strutturato, che parte dalla selezione dei punti chiave da documentare, per poi passare alla cattura delle immagini panoramiche con camere Ricoh Theta (Z1 per il sentiero, X per l’hotel). Le immagini sono state poi elaborate con un processo avanzato che include: Adobe Lightroom per le correzioni di colore, Adobe Photoshop per la rimozione di elementi come treppiedi e la cucitura di immagini, Topaz Denoise AI per la riduzione del rumore, Topaz GigaPixel AI per l’upscaling fino all’8K. Questi strumenti, pur non complessi, garantiscono una qualità visiva adatta anche per visori VR e schermi ad alta definizione.
Lo studio si distingue per alcuni elementi chiave che lo rendono un contributo originale nel panorama del patrimonio digitale. Innanzitutto, per l’approccio comparativo tra piattaforme: Google Street View e 3DVista. Street View si conferma accessibile e familiare, ideale per una navigazione intuitiva; 3DVista, invece, si dimostra più ricco a livello interpretativo, grazie all’integrazione di contenuti narrativi e visivi. In secondo luogo, è utilizzato il modello TAM per interpretare il rapporto tra utenti e tecnologia, focalizzandosi su due variabili: facilità d’uso percepita (Google Street View) e utilità percepita (3DVista).
Questa lente teorica aiuta a comprendere come e perché il pubblico adotta certe tecnologie, anche in assenza di una misurazione quantitativa completa. Inoltre, lo studio sottolinea le difficoltà incontrate da realtà con risorse limitate, inclusa la scarsa alfabetizzazione digitale di parte del pubblico. Suggerisce quindi soluzioni concrete per migliorare l’inclusività, come l’introduzione di comandi vocali, didascalie, interfacce più semplici e contenuti multilingua.
Mentre molte ricerche si fermano a un’analisi dell’impatto immediato, qui si guarda anche al potenziale educativo e turistico nel lungo periodo, suggerendo che queste tecnologie possano diventare strumenti fondamentali nella gestione sostenibile del patrimonio, nella sua narrazione, nella costruzione dell’attrattività del luogo.
Un altro aspetto interessante è la riflessione sul concetto di “technology-site fit”: la tecnologia scelta deve essere coerente con la natura del sito e con gli obiettivi di comunicazione culturale. Se un tour a 360° funziona bene per ambienti costruiti e statici, come un hotel storico, l’AR e i gemelli digitali possono arricchire percorsi dinamici o all’aperto, come un sentiero d’arte. I risultati mostrano che strumenti digitali ben progettati possono fare molto più che sostituire una visita fisica: possono arricchirla, espanderla e prolungarla nel tempo, creando un ponte tra presenza e distanza, tra locale e globale. La tecnologia, se usata in modo critico e consapevole, non allontana il pubblico dalla cultura. Al contrario, può essere una leva per renderla più accessibile, più viva e più condivisa.
Fonte: Heritage 2025, 8(9), 378

